NotizieCiao, Blessing

Una lettera in memoria di Blessing Matheu per sottolineare l'importanza di un'accoglienza sicura per i migranti

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Durante il seminario sui corridoi umanitari, le operatrici del Gruppo Abele, progetto Mirabel, hanno dedicato una lettere alla memoria di Blessing Matheu, accolta per alcuni mesi in una nostra struttura, poi trasferita e infine ritrovata senza vita, annegata nella diga di Prells a 10 km da Briançon, nel tentativo di raggiungere la Francia. La lettera è stata ripresa anche dal quotidiano Avvenire, che ha seguito il seminario.

Ti abbiamo conosciuta a giugno del 2017, con un viso da bambina e gli occhi di ragazza, grandi, neri, profondi e spaventati; il corpo esile e fragile, che portava con sè i segni della tua storia e del tuo viaggio; le tue valigie, piene di vestiti e di peluches dai quali non eri riuscita ad allontanarti.
Abbiamo conosciuto il tuo sorriso, dolce e coraggioso; le tue lunghe trecce colorate che mai volevi scioglierti, le tue collane troppo strette, i tuoi jeans attillati e le tue maglie pesanti che indossavi sempre, anche quando faceva caldo, che nascondevano i segni sulla tua pelle.
Abbiamo conosciuto la tua coperta azzurra dalla quale mai ti volevi staccare, che ti copriva nelle notti fredde e sotto la quale ti andavi a riparare quando eri triste e volevi stare da sola, quando ti mancavano le parole per raccontarti. Le tue ciabatte grigie, il tuo pigiama rosso che abbiamo comprato insieme, le tue Barbie sulla mensola della stanza e quell’elefante blu che hai disegnato e abbiamo appeso vicino al tuo letto.
Abbiamo conosciuto i tuoi pianti silenziosi e le tue urla di rabbia, i nostri abbracci per consolarti, anche quando ci respingevi; abbiamo ascoltato la tua voce quando ci parlavi di te, i sorrisi che ci hai dedicato e quei momenti di spensieratezza e di gioia che abbiamo condiviso. Le nostre passeggiate, i bagni al mare, le nostre chiacchierate in cucina mentre la pizza cuoceva nel forno e tu volevi restare lì con noi, quando preparavamo insieme la cartella della scuola e tu facevi attenzione che non mancasse nulla e sceglievi la tua giacca, quella preferita. Le mattine in cui ti abbiamo svegliata e le sere in cui ti abbiamo dato la buonanotte. La porta della tua stanza sbattuta e i tuoi “Voglio stare da sola!”, il tuo essere ostinata, le volte in cui ti abbiamo rincorso o in cui tu ci hai corso incontro affannata; le volte in cui abbiamo fatto pace, i nostri sguardi di complicità, il tuo arrossire per timidezza di fronte ai complimenti e i tuoi occhi fieri, orgogliosi. Le nostre preoccupazioni per te, i nostri tentativi perché riuscissi a fidarti di noi, per cercare di farti stare meglio, così che riuscissi a parlarci delle tue paure, a stare lontana dai pericoli. La nostra convinzione che tu avessi bisogno di tutela, di un posto sicuro dove continuare a crescere l’abbiamo esplicitata alla Prefettura di Alessandria, il tuo referente istituzionale.
Ti abbiamo salutata quando abbiamo dovuto chiudere il Progetto in cui abbiamo messo tutta la nostra passione e professionalità. L’abbiamo fatto perché quel luogo per te, per tutte voi, era inadeguato: troppo lontano per raggiungere scuola, lavoro, servizi sanitari e tutto ciò che una giovane donna può cercare; l’abbiamo fatto anche perché non era possibile adeguarsi alla normativa che ci avrebbe fatti diventare erogatori di servizi e non luoghi di accoglienza e condivisione. Come noi, tante altre realtà del privato sociale, laiche e cattoliche, hanno protestato col Ministero perché si diversificassero gli interventi e non si medicalizzassero. L’abbiamo fatto con tanta fatica ma convinti che a volte certi gesti servono per rivendicare i diritti dei soggetti più deboli. Il Ministro ci ha risposto che avrebbe considerato le nostre osservazioni, che aveva costituito un gruppo di lavoro per decidere il da farsi. Nel contempo abbiamo lavorato con la Prefettura per fare in modo che vi inserissero nelle realtà più adeguate alla vostra storia, al vostro percorso. Tutto questo ve l’abbiamo spiegato, vi abbiamo rese partecipi dei motivi, delle scelte. Abbiamo fatto una festa per salutarci e vi abbiamo rassicurate che ci saremmo state, comunque. L’ultimo giorno tu piangevi, ti ricordiamo dentro alla macchina grigia che ti avrebbe portato in un’altra struttura di accoglienza. E poi quella telefonata, qualche giorno dopo, in cui ci salutavi e abbiamo capito che ci avevi “perdonato”.

Blessing, la collana di pietra blu che ti abbiamo regalato, salutandoti, ce l’avevi al collo quando ti hanno ritrovata, in quel lago in mezzo ai monti, su quel confine. Ci hai portato con te, nel viaggio che hai tentato di intraprendere, nelle tue paure e nelle tue aspettative, nel tuo domani, nella tua fragile vita interrotta troppo presto da quelle leggi e quelle condotte che disumanizzano tutto e ci fanno vergognare di essere parte di stati nazione che anziché valorizzare le differenze non fanno altro che calpestare le persone, i diritti, le conquiste di civiltà che la nostra Europa ha saputo portare avanti negli anni, esempio primo di pace e solidarietà.

(alice, francesca, charlotte, erica, maria, simona e tutte le operatrici di Mirabel)

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