NotizieE se provassimo ad educare all’incertezza?

La scuola si deve riscoprire magnifica. Usando termini correnti: la scuola deve essere una "fabbrica" di esperienze, un "social network" relazionale in circolo, un "talent" dove ognuno è protagonista. La scuola funziona ed è riconosciuta come fondamentale quando fa sentire speciali le persone che la vivono. Perché il far sentire speciali le persone è parte di un processo educativo che valorizza e che non sminuisce

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Esperienza comune è il ricordo di quando papà ci insegnò a pedalare. Come possa aver fatto mio padre a fare un’operazione formativa tanto memorabile davvero non so. Però so che dalla bici non sono più sceso. Altrettanto profonda, ma questa volta posso parlare solo per me, fu quella volta che il mio maestro delle elementari ci prese da parte, un gruppetto di noi piccoli studenti e ci spiegò come si fanno i bambini. Lo ricordo ancora! Sia quel giorno, che penso fosse un giovedì, sia come si fanno i bambini…
Sono milioni gli agenti esterni che influiscono nel corso della vita. Ognuno di noi rielabora questi stimoli: li seleziona, li sceglie e poi agisce riproducendo il suo immaginario di riferimento. Dalla famiglia ai contesti più sociali (come vivere in un periodo di crisi economica o internet) tutti siamo in questo interscambio comunicativo continuo.
Il mondo dell’educazione è inserito in questa coazione a ripetere di informazioni, esperienze, racconti (ricezione-produzione-ricezione-produzione). Insomma anche noi educatori a vario titolo riceviamo, rielaboriamo e riproduciamo messaggi, contenuti, immaginari.

Tutto ciò vale anche per il contesto scolastico? Forse no, perché la scuola non è un contesto come un altro. La scuola è un territorio delle contaminazioni per eccellenza. I giovani sono portatori di pensiero innovativo. Gli scienziati, gli artisti, i maestri sono persone di ingegno e capaci di nuove scoperte nei diversi campi. Il mix che nasce in ciascuna classe in più aiuta e facilita l’apprendimento moltiplicando le possibilità educative/formative.
La scuola non è lo specchio della società, bensì un luogo incerto, sempre in mutamento, capace di far germogliare le idee, di facilitare la scoperta di nuove risposte ai soliti problemi. Ma è così? La scuola si concede di cambiare continuamente? Di concepirsi in continua evoluzione? Di raccogliere gli stimoli innovatori di chi la abita?
Sognare una scuola così è più che legittimo, una scuola dove forma e sostanza procedono di pari passo, ovvero dove lo stesso contesto/scuola ha in sé dei dispositivi educativi. Una scuola dove non è tutto preordinato e quindi dove si insegna a sviluppare un ruolo attivo nelle persone che realmente possono cambiare le cose.

La scuola si deve riscoprire magnifica. Usando termini correnti: la scuola deve essere una “fabbrica” di esperienze, un “social network” relazionale in circolo, un “talent” dove ognuno è protagonista. La scuola funziona ed è riconosciuta come fondamentale quando fa sentire speciali le persone che la vivono. Perché il far sentire speciali le persone è parte di un processo educativo che valorizza e che non sminuisce.
Ovviamente ogni cosa detta vale anche all’opposto. E’ memorabile allo stesso modo sentirsi un numero. Sentirsi ripetere la stessa lezione negli anni e pensare che nulla apparentemente si collega alla vita reale. Aspettare su di un banco che arrivi la campanella. Passare tanti anni in scuole senza di fatto lasciarci dentro traccia. E purtroppo tutto questo è altrettanto educativo.

(mauro maggi, piano giovani del gruppo abele)


Riferimenti bibliografici:
- La città educante. Manifesto della educazione diffusa - Paolo Mottana e Giuseppe Campagnoli - Ed. Asterios
I bambini pensano grande. Cronaca di una avventura pedagogica. Franco Lorenzoni - Ed Sellerio
Se la bicicletta avesse le ruote. Avventure di ragazzi on the road e manuale di pedalogia. Emilio Rigatti - Ediciclo

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