I primi capi a marchio InTessere
Sanaa ha un nome bellissimo che, tradotto dall’arabo, significa “splendente”. Ha un che di speranza per onomastica, Sanaa, anche se la sua vita non è stata sempre illuminata. È arrivata in Italia dal Marocco nel 2007, unica di nove tra fratelli e sorelle a scegliere la strada della partenza dalla terra di origine. L’incontro con il Gruppo Abele avviene dieci anni dopo, nel 2017. Grazie alle operatrici della Drop House, ha potuto studiare l’Italiano e trovare dei lavori sempre troppo temporanei. Suo figlio, Adam, in Drop House è praticamente nato.
La settimana scorsa, una parte dell’ufficio comunicazione del Gruppo Abele si è “trasferita” a Foggia, con la redazione de Lavialibera, per guardare e raccontare problemi e risorse di una delle città d’Italia in questo momento più attenzionate dalle istituzioni che si occupano di contrasto alla criminalità organizzata.
Abbiamo battuto strade e incontrato gente, siamo stati a Borgo Mezzanone, tra i braccianti agricoli con la Flai Cgil Foggia e sul bene confiscato che la Cooperativa Sociale “Pietra di Scarto” ha trasformato, a Cerignola, in un motore economico di giustizia sociale. E a Foggia abbiamo conosciuto i Fratelli della Stazione, una storica associazione di volontariato che si occupa delle persone senza fissa dimora.
La Trattoria dell’Oca è un viaggio nel sogno e nella memoria
Dieci amici, dieci autori alla seconda esperienza di scrittura collettiva per dar vita ad una raccolta di racconti, tutti ambientati alla Trattoria dell’Oca. Decidono poi di voler lasciare ancora un segno e devolvono i proventi dei diritti d’autore al Gruppo Abele. Il loro è un giallo dalla trama piena di mistero. Raggiungere la Trattoria dell’Oca è solo apparentemente semplice.
I pellegrini, che da secoli hanno percorso i sentieri lungo la via del Volto Santo, lo sapevano. Il cammino è dolce, se armati di buoni piedi. E oggi lo sanno anche i turisti, anche se per le automobili è più complicato perché c’è solo una vecchia strada e quando piove o nevica la salita è solo per esperti.
Eppure il problema non è il cammino, non è la strada. Fermarsi alla trattoria è fermarsi per davvero, almeno per un po’, in una nuova dimensione spazio – tempo, fluida e ipnotica.
Ti vengono i dubbi: dove e quando?
Un umorista francese che di nome fa Didier Tronchet, un amante smodato del fumetto, dello sport e dell’aria aperta, spiega la questione con una frase:
La simpatia che ispira la bicicletta deriva dal fatto
che nessuna invasione è stata fatta in bicicletta.
Che la bici, è vero, in definitiva è uno strumento di pace, di lavoro e di resistenza. Un mezzo che sintetizza fatica e contemplazione, stati d’animo che indispongono il cuore al bellicismo e alla sopraffazione. La bicicletta ha un che di egualitario. La professionista o il bambino che prova il brivido al parco di togliere le rotelle hanno da fare strada in un unico solo modo: dandoci di muscoli. Sarà per questo che fa capolino nelle canzoni popolari come in quelle dei cantautori della generazione dei Sessanta e dei Settanta.
Ed è per questo suo pareggiare la fatica che è bellissima l’iniziativa “In bici con Piero”, lanciata da Fiab Torino Bike Pride e da Fiab Torino Bici&Dintorni, dedicata alla memoria di Piero Quaglia, ciclista scomparso da poco, finalizzata a diffondere la cultura della bicicletta e pensata per il Gruppo Abele.
La mamma era la mia casa
La mamma era la mia casa allora
una tana, un guscio, un’enorme noce
di latte, una patria in cui stavo
rannicchiata.
La poesia, la musica, le arti hanno raccontato spesso, con la delicatezza di un verso, i colori di un’immagine, la soave leggerezza di una nota, la maternità.
Mamme, madri, pezzi di mondo fatto ad arte, come in questo piccolo passaggio della poetessa Mariangela Gualtieri.
In ognuno di questi piccoli pezzi di arte, c’è sempre una componente in comune: la mamma è la sicurezza, la certezza, la cura. Donna affatto angelica, ma in ogni caso la sola che ha nelle mani e sottopelle il miracolo di rassicurare. Leggi tutto
In questa primavera, un germoglio si chiama In-tessere
Un anno esatto fa, se avessimo potuto camminare tra i corridoi che percorrono la Drop House, avremmo sentito il ticchettio delle macchine da cucire accompagnato dal rumore netto di forbici intente a tagliare stoffe e tessuti; in sottofondo, il brusio di voci di donne, di allieve impegnate a seguire la loro insegnante.
Il Covid, una parola alla quale presto ci siamo dovuti abituare, ci ha obbligate a riprogrammare quel meraviglioso progetto nato dalla volontà di creare un’occasione di riscatto ed emancipazione attraverso il lavoro: la scuola di sartoria popolare del Gruppo Abele, In-tessere. Protagoniste di questo percorso loro, le donne che quotidianamente vivono gli spazi della Drop House.
C’è voluta molta pazienza per ridimensionare e riadattare il percorso formativo alle nuove esigenze di sicurezza e ai numeri ridotti. C’è voluto tempo, ma abbiamo sentito forte il bisogno delle donne di ritrovare quello spazio a loro dedicato. Ci siamo sentite responsabili del loro desiderio di normalità.
E così, all’inizio di marzo 2021, dopo una lunghissima pausa forzata, è partito il primo corso, con Sanaa, Joy e Josephine come prime corsiste e con la stilista Silvia Maiorana, ideatrice e titolare dello spazio di Cucito Condiviso, a guidarle in questo percorso.
Con entusiasmo hanno iniziato a frequentare le lezioni per imparare a creare, o meglio, a esprimersi attraverso la loro fantasia e colorati pezzi di stoffa.
Da questo corso nasceranno delle creazioni sartoriali e originali che non vediamo l’ora di vedere e di proporvi, forse già da questa estate.
Tre anni di Comunità Papà-Bambino
Da quando i primi papà sono arrivati insieme ai loro bimbi la Comunità Papà-Bambino del Gruppo Abele nel frattempo è cresciuta. C’è sempre qualcuno – papà, bambini, volontari – che ride, piange, grida. C’è gioia, c’è frustrazione a volte, c’è calore, c’è speranza. C’è vita.
All’inizio non è stato facile, come ci ha raccontato Simone, uno dei primi papà accolti al Gruppo Abele. Di continuo si chiedeva se quello da cui lui e il piccolo Marco si stavano allontanando li avrebbe marchiati per sempre, o se quella comunità potesse davvero essere un’occasione di cambiamento. Ma è stato Marco, a modo suo, ad aver preso per mano il papà e avergli suggerito di buttarsi a capofitto, di lasciare andare il buio e lasciare entrare la nuova luce che i volontari e gli operatori cercavano di trasmettergli.
Il fascino delle piccole cose
Giada è una giovane donna, amante dei viaggi e dai gusti singolari. In ogni sua avventura rimane affascinata dai mercatini di antiquariato, da quelli più grandi come Bermondsey market di Londra o quelli delle rue di Parigi, a quelli più piccoli della sua città natale. Fin da piccola, girando tra le bancarelle del Balon di Torino, rimane meravigliata dallo stile unico ed inconfondibile del brocante.
Giada, animo sensibile al fascino delle piccole cose, prova una grande curiosità per l’antiquariato. La diverte molto recuperare vecchi oggetti e ridargli vita all’interno della sua casa dagli ambienti moderni. Ma come sceglierli? Il suo talento è quello di riuscire a percepirne le emozioni che le permettono di andare oltre al valore commerciale e all’aspetto antico.
Esiste un posto a Torino dove Giada ama rifugiarsi: lo chiamano “centro commensale”. Si dice che all’interno si costruiscano comunità, cultura, convivialità. Leggi tutto
Se l’insorgere della pandemia ha causato da un lato molte sofferenze e restrizioni, è anche vero che dall’altro ha portato a maggiore corresponsabilità tra cittadini e vicinanza alle persone più in difficoltà. “Torino solidale” ne è un valido esempio. Un’iniziativa del Comune di Torino a cui fanno parte una rete di associazioni, tra cui il Gruppo Abele e altri enti del terzo settore.
L’obiettivo è tamponare con misure temporanee la crisi economica e la mancanza di beni primari presente all’interno di quei nuclei familiari già poveri. Un’iniziativa che è partita a marzo 2020 e che continuerà fino a giugno 2021.
Nello specifico la nostra associazione, già dal dal 3 dicembre 2020, è diventata uno dei punti di snodo e di distribuzione di pacchi spesa contenenti derrate alimentari che, di fatto, completa il lavoro che già avevamo iniziato nel primo lockdown.
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La forma richiama quella di un enorme albero. Una sorta di cono rovesciato e screziato di luce e riflessi, luce che cambia a seconda del giorno e delle sue ore, e anche quando è notte lo vedi che il cono è lì, che intercetta quelle poche lame di luce che tagliano il mondo: il fascio d’un lampione, la luna quando è molto forte, una spia più sfrontata delle altre. L’installazione così mi parve da luce rifratta, curata dal Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli (uno dei più importanti Musei d’arte contemporanea d’Italia), si alza da qualche giorno a Binaria, il nostro centro commensalle.
Alta fin quasi sotto al soffitto, gioca con le inclinazioni del sole e con l’illuminazione degli ambienti, proprio come in quel passo del Purgatorio nella Commedia che le dà il nome: così mi parve da luce rifratta/come quando da l’acqua o da lo specchio/salta lo raggio all’opposita parte.
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