Una canzone di Prince vecchia oltre 20 anni, riferita alla condizione dell’uomo dice che “non esiste nessun altro essere vivente che, diventato adulto, beve latte”.
Giochi di metafora, scherzi d’artista chiaramente.
Ma in quel passaggio minuscolo di The Truth, un frammento di una strofa che in verità è un inno alla salvaguardia del mondo animale, c’è una grossa verità.
Vivere il Natale al Gruppo Abele
E visto che il Natale è il tempo del bene, è un po’ come elevare il bene a potenza enne. O, in questo caso bi. Una questione che è matematica, ma anche chimica, perché implica i sentimenti, lo stare insieme.
Quanto vale un regalo?
Ce lo chiediamo oggi, tirando le somme dell’ambizioso obiettivo di raccolta fondi che ci siamo dati prima di Natale. La comunità del Gruppo Abele che accoglie donne e bambini che, a causa di esperienze di violenza e sfruttamento, necessitano di un alto grado di protezione, aveva urgentemente bisogno di un nuovo sistema di videosorveglianza. Dall’oneroso costo di 10.000 euro.
Ora è necessario arrestare un’emorragia di umanità
“Ora è necessario arrestare un’emorragia di umanità”
Le vittime sono innanzitutto i deboli e gli esclusi, le persone senza voce, né diritti: i poveri, gli immigrati, i giovani. E con loro la Terra .
Quest’anno il Natale ci richiede un impegno aggiuntivo”. La parola “impegno” è per Luigi Ciotti un riflesso condizionato. E stupisce – anche solo a stargli accanto una mezza domenica mattina – la mole di impegno intellettuale e fisico che accompagna la vita di questo sacerdote 74enne, da oltre mezzo secolo punto di riferimento di un cristianesimo sociale e civile che, al netto del papato francescano, a volte non sembra godere di straordinaria salute. A don Ciotti, uomo di chiesa decisamente imprevedibile per chi non l’abbia mai sentito parlare, abbiamo chiesto una riflessione sul Natale.
Luigi, perché sostiene che questo Natale richieda un impegno aggiuntivo?
Perché a chiederci un maggiore impegno è la speranza, simbolo e senso del Natale. La speranza non è solo attesa di un futuro migliore: è costruzione di quel futuro con un impegno il più possibile corale, costante, quotidiano. E mai come oggi dobbiamo impegnarci di più per arrestare una perdita, anzi un’emorragia di umanità” di cui sono vittime innanzitutto i deboli e gli esclusi, le persone senza voce, né diritti: i poveri, gli immigrati, i giovani. E con loro la Terra –la nostra casa comune – continuamente sfregiata, saccheggiata, avvelenata.
“Farei un presepe multietnico, un presepe che sia simbolo e sintesi d’incontro e di relazione, un presepe di vita”
La storia di Merize: dalla guerra alla speranza
“La storia che mi ha raccontato Merize è stata quella di un lungo viaggio. Ha avuto inizio nel Kurdistan turco, dove ha vissuto l’infanzia e i primi anni da adulta tra lotte e persecuzioni, perché nata dalla parte sbagliata del suo paese. Il ricordo che ha di quegli anni è di profondo disagio e paura. Leggi tutto
Dalla storia di Vittoria è nato VIC: un posto per sentirsi a casa
Victoria è nata in Nigeria nel 1995 e quando l’abbiamo conosciuta aveva appena compiuto vent’anni. L’abbiamo incontrata dopo aver ricevuto una segnalazione dell’Ospedale Oftalmico di Torino, dove era stata ricoverata per curare il suo occhio destro, gravemente danneggiato dalle percosse ricevute in strada da un gruppo di uomini. L’ultimo episodio di una lunga serie di abusi e violenze che le hanno lasciato segni indelebili sul corpo e nell’anima.
Con tutto il timore di chi ha vissuto nell’inganno e nella paura, Vic – così si è presentata – a fatica ha trovato il coraggio di raccontare la sua storia. Un anno prima nel suo villaggio è stata avvicinata da una donna che l’ha convinta a seguirla in un paese lontano, per aiutarla a realizzare il suo sogno: diventare parrucchiera e aprire un salone di bellezza tutto suo. Dopo un lungo e difficile viaggio arriva a Torino, ma qui i suoi sogni si infrangono. Viene venduta a delle persone che col ricatto la obbligano a prostituirsi per strada. Per Vic ha inizio un vero incubo, fatto di lacrime, di sofferenza, di ricatti ma soprattutto di paura. Ogni suo tentativo di rifiuto o ribellione termina in violenze sempre più forti, che spesso l’hanno costretta a ricoveri ospedalieri.
Dopo questo incontro Vic è stata portata nella nostra Casa di fuga per vittime di tratta e sfruttamento, per darle un nuovo futuro.
Manuela entra in una delle panetterie di Torino: quella di Roberto. Lo saluta, come tutti i giorni. Compra il pane, quello che le serve per cena e Roberto, come sempre, le aggiunge, furtivo, un pezzo di focaccia. “Per ingannare l’attesa”, si giustifica sorridendole.
Tre – Donne che non si arrendono
L’ascensore del palazzo fa un rumore strano, sembra che qualcuno stia girando un’enorme manovella invisibile, molto cigolante, per tirarlo su a fatica.
Mi prude la fronte vicino all’attaccatura dei capelli, dove ho una piccola cicatrice. Quando è irritata significa pioggia, o almeno così dice la parrucchiera.
Poso per terra la borsa della spesa e un milione di mele
Due – Donne che non si arrendono
«Dannazione».
Alcune setole della scopa si sono incastrate sotto lo stipite della porta e non vengono via.
Mi chino per strapparle, anche se mi disgusta. Mettere le dita sul pavimento umidiccio, vicino ai grumi di polvere, ai residui di cibo dei bambini, mi nausea.
Uno – Donne che non si arrendono
Un rumore di gocce si infila nel mio torpore, mi raggiunge sul fondo e mi trascina in alto, oltre la superficie dell’incoscienza.
Mentre lentamente riemergo dall’assopimento, lo sento risuonare nel silenzio buio della stanza.
Insieme a quel suono impercettibile, tornano i sensi, le percezioni.
La lingua in bocca è secca: lecco piano il palato e mi sembra sabbia dal sapore metallico.