NotizieEducare è un futuro da sognare insieme

I supereroi che da soli risolvono tutti i problemi, che con le sole mani e con i superpoteri e con le armi nasciste sconfiggono il male e cambiano il mondo, da chi sono stati educati? Me lo domando e rifletto: Ammazza!, chissà quanto dovevano essere bravi la loro maestra, i loro educatori, il loro insegnante di matematica e italiano (pure che loro, lo sappiamo, parlano tutte le lingue). Macché bravi, di più, meravigliosi, nell'allenare i talenti che poi li hanno fatti diventare così speciali

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I supereroi che da soli risolvono tutti i problemi, che con le sole mani e con i superpoteri sconfiggono il male e cambiano il mondo, da chi sono stati educati? Me lo domando e rifletto: Ammazza!, chissà quanto dovevano essere bravi la loro maestra, i loro educatori, il loro insegnante di matematica e italiano (anche se loro, lo sappiamo, parlano tutte le lingue). Macché bravi, di più, meravigliosi, nell’allenare i talenti che poi li hanno fatti diventare così speciali.

Ho solo due dubbi che fanno zig zag in testa tra i pensieri. Il primo: non è che questi educatori hanno concentrato tutte le loro forze solo su uno solo dei componenti del gruppo (appunto, il più dotato)? Il secondo: il talento è il talento, lo si può affinare, sviluppare, ma se ce l’hai il tuo allenatore ha vita facile. In definitiva i supereroi sono bravi da sempre, bravi ci nascono. La sfida, quella tosta, quella complessa, che è anche quella vera, pratica e attuale, sta nell'educare chi talento ne ha poco. Come me per esempio.

Penso ai miei dubbi e, coi dubbi, si sollevano come onde delle domande. Queste: che l’educazione e gli educatori possono essere una leva capace di attivare processi di tenuta e di sviluppo sociale, è chiaro. Ma per farlo devono concentrare tutte le attenzioni su pochi, ma buoni? Oppure, al contrario, l’educazione deve riguardare tutti ponendosi sfide di cambiamento sociale complessive e collettive?

Nei regimi autoritari la risposta è semplice (addirittura automatica): Educare non basta: bisogna educare-addestrare. E lo si fa subito, dalla più tenera infanzia. Per i regimi è fondamentale formare una e una sola prospettiva di lettura del contesto capace di dividere il mondo tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Una visione unica, rassicurante e indiscutibile. Ma nel nostro panorama politico-sociale, demorcatico (o post democratico?) e culturalmente composito, è diverso. Consideriamo lecito e quindi auspicabile partire dal pluralismo come base di ogni analisi. Se bisogna educare a poter avere tutti un’idea diversa e a rispettarla, come si fa? Nel nostro caso tutto e tutti sono in discussione, docente e discente… Ma il dubbio non è forse una base solida da cui partire?

Almeno due tensioni confliggono in questo processo: quella del mondo adulto che ha una necessità di affermazione e di reiterazione delle sue conquiste; e quella dei giovani, che immersi nel mondo dei genitori, rigenerano la cultura, apportandone dei cambiamenti.

Scuola e famiglia, quindi, sono da sempre e restano ancora i due luoghi principali deputati all'educazione. Però tanto più complesso in cui sono immersi, tanto più il processo educativo si ramifica. E quello del presente è un macro-complesso, macro come mai lo è stato prima, differenziato culturalmente e denso tecnologicamente. In questo contesto (che significa internet, social, sport, nuovi linguaggi, nuovi generi musicali...) si generano e tramontano velocemente idee e valori, a cui le nuove generazioni aderiscono. Il macro-contesto incide sui vissuti individuali, li permea, e, incidendo e permeando, educa. In questo ribollente magma educativo, i giovani si adattano attivando competizioni individuali volte a perseguire ciò che conta in questi ambienti: potere, soldi, visibilità. A questi valori educa il macrocontesto in cui viviamo. Ma i mondi educativi tradizionali hanno come principi e valori il potere, i soldi, la visibilità? No! La scuola per esempio, non dà nel breve periodo né potere, né soldi e neppure visibilità.

Alle giovani generazioni allora, non resta che perseguire questi obiettivi attraverso l’unico modo possibile e vincente ai loro occhi. Ovvero, in per nulla beata solitudine. “Spaccando tutto”. Usando le proprie armi migliori, che per qualcuno è la bellezza, per qualcun altro la forza, talvolta l’intelligenza. E allora forse sì, in realtà oggi nel nostro contesto si stanno educando i giovani a essere supereroi. Ma non sviluppando i loro talenti, semplicemente facendoli adattare alla legge del più forte. Ovviamente, contraltare di questa corsa continua, è lo scarto dei più deboli.

Il nostro tempo educa ad essere vincenti emergendo nel presente. Gli educatori deputati (gli adulti) hanno oggi una grande sfida, devono cioè provare a congiungere il passato, con degli immaginari futuri desiderabili. La sfida educativa è avere sogni da realizzare nel tempo e da perseguirli insieme. In questo gli adulti possono dire e fare moltissimo. Le società hanno bisogno di un pensiero sociale, se no collassano e l’educazione è l’unica leva che a pensarci, può riportare a dei desideri collettivi.

(consiglio tra parentesi, in chiusura di questa riflessione, la lettura di due testi. Il primo, un libro, l'arcinoto Suburra, di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo; l'altro, un racconto, Il caso della gomma scomparsa, di A Yi, contenuto nella rivista Freedman's).

(mauro maggi, piano giovani gruppo abele)

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