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NotizieParlare al presente di un futuro tutto da costruire

Animazione Sociale è sempre stata, resta e resterà una rivista di approfondimento, studio e formazione. Nel tempo in cui imperversa sulla società un pensiero sbrigativo, la rivista si posiziona sul tempo lungo dell'elaborazione concettuale e metodologica. Forse anche per questo motivo, il problema verte sul come intercettare nuove generazioni di lettori.

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Animazione Sociale è sempre stata, resta e resterà una rivista di approfondimento, studio e formazione. Nel tempo in cui imperversa sulla società un pensiero sbrigativo, la rivista si posiziona sul tempo lungo dell'elaborazione concettuale e metodologica. Forse anche per questo motivo, il problema verte sul come intercettare nuove generazioni di lettori. Generazioni che provengono da percorsi formativi teorici, da corsi di laurea settoriali e che non sono incoraggiati dallo spirito del tempo a usare una rivista come Animazione Sociale come strumento di lavoro e formazione. Parlare oggi alle nuove generazioni chiede alla rivista da un lato di assumersi il compito di alfabetizzarle a metodi e tecniche di base (che nella loro formazione non hanno mai appreso), dall'altro di capire quali linguaggi e codici giovanili importare. Rispetto al primo punto si tratta di dare spazio a strumenti di base (come condurre una riunione, come fare un brainstorming, ecc.), rispetto al secondo introdurre per esempio graphic novel o altro.

Alcuni punti, quindi, possono spiegare quelli che sono gli obiettivi del nuovo corso di Animazione Sociale.

Alimentare lo sguardo critico sulla realtà per aprire al senso del possibile. La miseria del mondo spinge oggi a pensare che è così e non può essere altrimenti. Le nostre vite hanno interiorizzato in maniera inconsapevole l'impotenza e la sfiducia. Invece la rivista vuole trasmettere l'idea che è possibile aprire varchi tra i vincoli, che è possibile scommettere sul futuro. Perché la realtà è un campo di forze dove i giochi non sono mai chiusi per sempre. Ogni uomo e ogni donna, tanto più se insieme agli altri, possono influire sull'esistente.

Attualizzare il discorso dei diritti. La realtà è un discorso ininterrotto che prende forma nelle conversazioni quotidiane e attraverso le rappresentazioni veicolate da mass media e social network. Oggi il discorso dei diritti è residuale, ci si sta abituando a non nominarli neanche più. Come se appartenessero a un lessico tramontato, il lessico del '900. Invece la rivista vuole reimmettere la voce “diritti” nel discorso sociale, non come principi astratti a cui la realtà dovrebbe adeguarsi, ma come bussole che possono orientare le nostre azioni e progettazioni quotidiane.

Le diseguaglianze dietro le sofferenze. Il disagio oggi è dilagante, a tal punto che la sofferenza non unisce ma divide. Siamo così in balia di incertezze e insicurezze che non riusciamo più a ospitare quelle degli altri. La precarietà è un destino comune, che però non accomuna. Ognuno cerca soluzioni private a problemi sociali. Una trappola che finisce per aggiungere sofferenza a sofferenza. La rivista intende svelare che le sofferenze sono spesso il prodotto di diseguaglianze e le diseguaglianze sono produzioni del malfunzionamento sociale. Tenere presente questo non risolve le fatiche delle persone, ma perlomeno evita di colpevolizzarle.

Assumere l'ambivalenza del reale. La realtà umana e sociale è sempre ambivalente. Storicamente si producono spinte distruttive così come pulsioni costruttive. Per cui è vero che oggi la società è abitata da individualismi e chiusure, ma insieme e accanto coesistono desideri di socialità e aperture. Assumere l'ambivalenza apre uno spazio di lavoro promettente. Perché ci spinge a scovare le energie creative, i movimenti generativi. Per questo la rivista non dà spazio al clamore della denuncia, ma intercetta le esperienze che provano a costruire tra i vincoli.

Dar voce all'altrimenti. Il senso del possibile prende forma in pratiche di lavoro spesso più vissute che raccontate, più testimoniate che concettualizzate. Il grande sforzo che la rivista sostiene e incoraggia è mettere in parola le esperienze che testimoniano che “si può fare altrimenti”. La fatica di quest'operazione, che la rivista condivide con i suoi autori, è quella di transitare da linguaggi situazionali a linguaggi universali: capaci cioè di parlare, di essere significativi e utilizzabili anche da chi si trova a operare in altre situazioni, altri contesti. Ogni articolo è sempre un setaccio di intuizioni, pensieri, snodi che hanno permesso in una data situazione di produrre cambiamento.

Le professioni a servizio dei problemi. In questi anni la rivista ha scelto di posizionarsi non nella lotta per il riconoscimento delle professioni, ma sempre dei problemi che attraversano i nostri contesti sociali. Questo posizionamento la rende per certi versi inattuale (in un momento in cui ogni professione cerca di venire in chiaro del proprio specifico per differenziarsi e legittimarsi), ma allo stesso tempo trasversale perché capace di parlare a più professionisti. L'ipotesi è che oggi, per affrontare le fatiche delle persone dentro contesti sociali altrettanto complicati, serva il contributo di tutte le professioni. Sono i saperi al servizio dei problemi e non viceversa.

La transdisciplinarietà dei saperi. Le nuove generazioni che entrano nel lavoro sociale, educativo, sanitario, provengono da un sistema d'insegnamento che separa le discipline (corsi di laurea settoriali) e spezzetta la realtà, ostacolando la comprensione di mondi umani e sociali contraddistinti da complessità. L'eccesso di specializzazione, come dice Edgar Morin, è un problema; perché esperti molto competenti nel loro settore, non appena il loro ambito specifico è attraversato da altre problematiche, non sanno più come reagire. La rivista promuove un'ottica non solo inter ma trans-disciplinare, tesa a costruire un pensiero globale in grado di articolare i diversi saperi.

La centralità del gruppo di lavoro. Questa collocazione sui confini (delle discipline e delle professioni) può disorientare chi usa i confini in modo difensivo dalla complessità del reale. Ma d'altro lato può far ritrovare l'orizzonte e il senso del proprio lavoro. Un senso che non è mai solo tecnico, ma è sempre culturale e politico, a servizio di un progetto di società. Ma soprattutto l'ottica transdisciplinare permette a persone che operano in campi diversi di dialogare e lavorare in équipe, che è il dispositivo di lavoro principale.

L'attenzione al metodo. La rivista è attenta al metodo perché dal metodo dipende la possibilità di aprirsi la strada in situazioni caotiche e complesse. Il metodo è potere, il metodo è ciò che permette di non sentirsi sconfitti dal peso delle situazioni, ma di trovare appigli per uscirne o perlomeno promuovere evoluzioni in esse. Non basta sapere “che cosa” bisognerebbe fare, occorre sapere “come” farlo. Ma spesso capire che cosa è possibile fare nelle situazioni è già parte del metodo stesso, perché la messa a fuoco di obiettivi plausibili e sensati è frutto di un ascolto paziente e attento. Si costruiscono gli obiettivi sempre con le persone con cui lavoriamo, alla luce dei vincoli e delle possibilità che emergono strada facendo.

(la redazione di Animazione Sociale)

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