NotiziePoveri, noi

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Riportiamo l'intervento della nostra vice-presidente Lucia Bianco pubblicato da La Stampa Torino il 17 ottobre 2022, in occasione della Giornata mondiale per l'eliminazione della povertà.

Poveri noi! Dopo decenni di studi sulla povertà, nulla sembra cambiato. Riusciamo a descrivere la povertà ma non a combatterla.
La povertà non è un destino inevitabile, ma il frutto di scelte economiche e politiche che negli ultimi 25 anni hanno aumentato le diseguaglianze, anche in un paese ricco come il nostro. Scelte che hanno riguardato la distribuzione della ricchezza: mentre i ricchi diventavano sempre più ricchi, i poveri aumentavano di conseguenza. L’accesso ai servizi educativi, sociali, sanitari, culturali dai quali si è disinvestito progressivamente. Il mercato del lavoro, dove un lavoratore su otto vive in situazione di povertà lavorativa, ossia con un reddito non sufficiente alle esigenze familiari.

Oggi l’aumento dei prezzi dell’energia e di beni e servizi essenziali sta colpendo con violenza chi è già povero, e rischia di spingere tante altre persone e famiglie verso la miseria estrema, cioè quell’indice di “povertà assoluta” che descrive un reddito inadeguato a coprire le spese di base come il cibo, la casa, l’istruzione e la salute. Perché accade? Non possiamo solo guardare al “sistema”, perché ognuno di noi ha responsabilità di fronte alle crisi di ogni tipo; responsabilità che riguardano le scelte di consumo, i comportamenti, l’impegno. Il problema è che non mettiamo abbastanza in crisi i modelli sui quali si regge un benessere così fragile e mal distribuito.

L’abbiamo visto con la pandemia, l’evento più destabilizzante degli ultimi decenni. Sembrava che “nulla sarebbe mai stato come prima”, e invece siamo ripartiti “come se nulla fosse”: niente lotta a precarietà e disuguaglianze, niente investimenti per ammodernare la scuola, niente riorganizzazione della sanità pubblica, nessun cambio di prospettiva rispetto alle politiche di tagli e appalti al settore privato.
Con la crisi energetica e inflattiva legata alla guerra accadrà lo stesso. Qualche proposito di risparmio, qualche bonus e correttivo fiscale, ma non quella seria, necessaria, improrogabile messa in discussione di un sistema economico che è insostenibile perché ingiusto alla radice.

Poveri, noi. Poveri di idee e di coraggio. Poveri di immaginazione e responsabilità.
La povertà andrebbe messa fuori legge, per la sofferenza che causa a milioni di persone nel mondo. Ma per farlo dovremmo prima mettere fuori legge ciò che si ferma a una legalità di facciata, perché non viola le norme statali ma quelle morali.
Sfruttamento sul lavoro, respingimento delle persone migranti, disprezzo della natura, creazione di quartieri-ghetto dove si cerca di nascondere la miseria, l’emarginazione, la difformità e la malattia mentale. Tutti questi sono i sintomi dell’egoismo e dell’indifferenza che dominano la società di oggi, spesso nell’impotenza della politica, subalterna agli interessi economici anziché attore coraggioso di giustizia sociale e ambientale.

Poveri, noi. Ma ancora, tenacemente, ricchi di speranza.
La speranza la troviamo nei volti e nelle storie che chi fa lavoro sociale ha la fortuna di incontrare ogni giorno sulla strada: persone prostrate ma non sconfitte, piene di talenti inespressi, pronte a tirare fuori risorse che neanche si aspettano di avere se soltanto si offre loro un’opportunità di cura, di studio, di lavoro, di affetto. Lo vediamo in chi bussa alla porta del Gruppo Abele in cerca di ascolto, di casa, di protezione. In chi – e sono sempre più numerosi – viene a ritirare pacchi di beni alimentari e altri beni necessari, o in chi si presenta ai nostri sportelli sociali per un aiuto a destreggiarsi nella burocrazia dei sussidi pubblici.
Nella Giornata mondiale contro la povertà, inchiniamoci al coraggio dei poveri, degli ultimi, degli emarginati, che stanno al mondo con tanta più fatica, ma spesso tanta più verità degli altri. E diventiamo più consapevoli dei cambiamenti richiesti ai nostri stili di vita, dell’impegno individuale e collettivo che serve per la lotta alle disuguaglianze. Non bastano soluzioni emergenziali, ma strutturali.

Oggi con un gesto simbolico vogliamo sensibilizzare anche sulla necessità di aiuti immediati che scaldino il corpo e il cuore. A Torino questo aiuto e questo calore – il calore dell’incontro, dell’ascolto, di un luogo da chiamare “casa” – sarà simboleggiato da alcune lunghe sciarpe che gli operatori del Gruppo Abele hanno voluto fare indossare ai monumenti del centro cittadino. Per accendere l’attenzione su un problema, quello della povertà, ma anche e soprattutto su ciò che serve ad affrontarlo: la responsabilità di ciascuno di noi.

(lucia bianco - vice-presidente Gruppo Abele)

Cosa facciamoDa sempre accanto agli ultimi