Tutte le emozioni delle parole via web

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Le parole possono provocare ferite. Al tempo del web, questo potere è aumentato. Abbiamo intervistato Tiziana Montalbano, dell'associazione Parole O_stili

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Sul proprio portale web si presentano con un cartoon d'impatto. Un video di pochi minuti, due e poco più, per spiegare che, si tratti di vita vissuta o si tratti di vita virtuale, la virulenza delle parole lascia strascichi e lo fa per davvero. Non ci sono giochi e scusanti che tengano. Parlare, se parlare si traduce in ostilità, può far male fino alle estreme conseguenze, fino alla lacerazione, fino all'apertura di ferite.
E per questo quelli di Parole O_stili, associazione nata a Trieste meno di un anno fa (era il luglio del 2017), hanno lanciato un manifesto in dieci punti, scaricabili e stampabili. E l'hanno chiamato Manifesto della comunicazione non ostile. Ovvero, "un impegno di responsabilità condivisa per creare una rete rispettosa e civile, che ci rappresenti e che ci faccia sentire in un luogo sicuro".
Pensato da Rosy Russo, fondatrice dell'associazione, scritto a centinaia di mani da comunicatori, blogger, influencer, esperti di marketing e comunicazione, il manifesto è un tom tom del linguaggio civile, una guida tanto semplice da finire per apparire, all'opposto, complicatissima.
Abbiamo intervistato Tiziana Montalbano, social​ media e marketing manager​ di Parole O_stili.

Un manifesto per parlare meglio sul web. Come e da dove nasce?
Nasce da un'assunzione di consapevolezza. Ovvero dal fatto che abitare i luoghi del web non è facile come sembra. E che internet in generale e i social network in particolare stanno dando luogo a esperienze che potremmo definire poco gratificanti. Colpa della quantità di odio di cui sono infarcite le parole e i discorsi che alcune persone, giovani e non solo, riversano in rete. Di fronte a questo dato, abbiamo messo insieme un gruppo di comunicatori ed esperti di marketing, provando a dare una risposta alla domanda urgente di intervento che questi atteggiamenti rivelavano e rivelano.
Così sono stati articolati 23 principi, poi votati e sottoscritti. Il primo firmatario del manifesto è stato Gianni Morandi.

Lei ha parlato di "abitare i luoghi del web". Ma è possibile riuscirci senza prima aver imparato a vivere i luoghi del reale?
Il primo dei principi del manifesto dice che "virtuale è reale". Il che vuol dire che, nella società per com'è oggi, non possiamo più premetterci il lusso di fare differenza tra le relazioni occhi negli occhi e le relazioni che instauriamo sui social. Cambia il fatto che, nel caso del web, ci si trova in presenza di una comunicazione mediata da un dispositivo elettronico. Per il resto, tutte le parole dette e tutto quanto compiamo attraverso la rete produce esattamente le stesse reazioni. Questo vale sia in senso positivo, sia in senso negativo. Tutto è vita reale, non c'è scollamento tra le due forme di relazione in quanto a emozione prodotta.
Ce lo dicono le ricerche che abbiamo compiuto fin dall'anno scorso di concerto l'Istituto Toniolo e il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, con cui abbiamo anche sottoscritto un protocollo d'intesa. Ce lo dice ad esempio quel 13% di crescita in un anno dei ragazzi di età compresa tra i 9 e i 17 anni che segnalano esperienze negative via internet. Ce lo dice il fatto che il 31% dei 17enni che abbiamo coinvolto ha avuto modo di vivere o d'intercettare online comportamenti violenti, aggressivi, finanche di odio.

Quali sono le reazioni di fronte a questi comportamenti?
Non certo positive. Per la maggior parte dei casi, il 52%, tristezza. E poi disprezzo, rabbia e vergogna. Se non possiamo ancora arrivare a dire che la situazione è allarmante, per lo meno possiamo definirla preoccupante.

Da dove si parte per provare a innescare un cambiamento?
Dall'educazione, senza dubbio. Stigmatizzare oluso dei supporti elettronici o, peggio, vietarlo, può produrre l'effetto opposto nei ragazzi. Per questo la sfida vera, quella che abbiamo esplicitato con il manifesto, sta nel rendere l'utilizzo consapevole. Bisogna spiegare i rischi, molti, e le opportunità, molte.
Serve che gli adulti siano partecipi di questo percorso educativo. Per esempio, lo scorso 9 febbraio, a Milano, abbiamo organizzato Parole a scuola, una grande giornata di formazione gratuita dedicata agli insegnanti. Abbiamo registrato un'adesione di oltre 1400 docenti provenienti da ogni parte d'Italia. Sono loro, devono essere loro, gli ambasciatori delle opportunità del web.

Ci sono delle resistenze?
In effetti sì. Ma ci rendiamo che non è facile. La svolta è comunque epocale. Si richiede agli insegnanti di ridiscutere l'intero metodo. Ci sono delle diffidenze dirette all'utilizzo dei supporti, specie in classe. Il web è visto come il luogo del pericolo, un bosco di paura. Ci rendiamo conto che il solo pensare al cyberbullismo genera timore, ma gli strumenti ci sono. Prima arriviamo a possederli tutti, prima questo alone di paura scomparirà.

Scarica il manifesto

(piero ferrante)

In questo articolo Cultura e formazione, Famiglie, Giovani

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