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NotizieAccoglienza, il Covid non ferma l'ascolto

L'Accoglienza del Gruppo Abele è fra i pochissimi servizi che, tolta la fase di lockdown di marzo-aprile 2020, hanno continuato a incontrare le persone senza il filtro della tecnologia. Nel 2020, a fronte di 239 richieste di aiuto ricevute, 158 sono state prese direttamente in carico dagli psicologi, educatori e counselor dell'equipe, che ha svolto nell'anno ben 900 colloqui. La maggior parte riguardavano situazioni di abuso o dipendenza da sostanze o comportamenti

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Un presidio per chi non sa da chi farsi ascoltare. Un luogo dove esprimere quel tipo di paure che difficilmente si riescono a raccontare, se non guardando l’interlocutore negli occhi e imparando a fidarsi di lui. Questo ha scelto di essere lo Sportello di Accoglienza del Gruppo Abele, anche nell’anno della pandemia.

In questi mesi segnati dal Covid ci siamo scoperti tutti più esposti anche alle malattie dell’anima. I disagi di natura psicologica che covavano sottotraccia, tenuti sotto controllo grazie a un sistema quotidiano di affetti, impegni e routine, sono emersi con forza quando ogni abitudine è stata spazzata via, prima dal lockdown, poi dalle continue incertezze legate all’andamento della pandemia.
Il sistema socio-sanitario territoriale, travolto dall’emergenza pandemica, ha dovuto trascurare ciò che non era di immediata urgenza. I percorsi di accompagnamento delle fragilità si sono rallentati e si è fatta molta fatica ad accogliere le nuove richieste, soprattutto per quanto riguarda il sostegno all’entourage familiare delle persone con problemi psichici o di dipendenza.

L’Accoglienza del Gruppo Abele è fra i pochissimi servizi che, tolta la fase di lockdown di marzo-aprile 2020, hanno continuato a incontrare le persone senza il filtro della tecnologia. Con tutte le precauzioni necessarie, ma anche tutta la disponibilità ad esserci in carne, ossa, occhi e orecchie.

Nel 2020, a fronte di 239 richieste di aiuto ricevute, 158 sono state prese direttamente in carico dagli psicologi, educatori e counselor dell’equipe, che ha svolto nell’anno ben 900 colloqui. La maggior parte riguardavano situazioni di abuso o dipendenza da sostanze o comportamenti. Numerose in particolare le richieste per gioco d’azzardo compulsivo (25) e per dipendenza da cocaina (18). Ma numerose anche le chiamate per problemi relazionali all’interno della famiglia, spesso esplosi in seguito al lockdown.
In questo inizio di 2021 le richieste appaiono ulteriormente in crescita.

Il servizio è totalmente gratuito, e si rivolge quindi specificamente alle fasce di popolazione che non sarebbero in grado di sostenere un aiuto psicologico a pagamento. Chi può chiamare? Chiunque, in età adulta, non si senta in grado di affrontare da solo un problema di tipo psicologico o relazionale, sia che lo riguardi direttamente, sia che riguardi un suo affetto vicino.

Ha chiamato ad esempio L., che ha avuto un’infanzia tragica e oggi seda con alcol e crack i pensieri cupi, ossessivi, dai quali non riesce a liberarsi. “Non ho mai avuto il coraggio di uccidermi”, dice quasi sentendosi in colpa. Spera però di essere aiutato a trovare quello per vivere, di coraggio. Ora ha accettato di fare, supportato, un percorso di disintossicazione al Serd che in passato era sempre fallito.

Ha chiamato anche P.: famiglia tranquilla, nessun trauma pregresso. Dall’amore per i numeri ha sviluppato la passione per le scommesse, e oggi vive una vita di bugie per nascondere ai suoi affetti la dipendenza dal gioco. È un insospettabile: potrebbe essere il corriere che bussa alla vostra porta e, fra una consegna e l’altra, si ritaglia l’attimo per una puntata online. Il primo passo che verrà accompagnato a fare è confidarsi coi famigliari.

Il problema di G. e F. riguarda i figli. Il maggiore ha da poco confessato di fumare saltuariamente qualche spinello, mentre l’altra figlia pare caduta in uno stato di semi-apatia da quando frequenta la scuola in DaD. Loro sono preoccupati. Forse troppo. Ma le numerose richieste di questo tipo che riceviamo sono il sintomo di un diffuso senso di inadeguatezza genitoriale e di fragilità educativa. A queste famiglie in cerca di “ricette sicure” per la crescita dei ragazzi, va spiegato che le situazioni standard non esistono, e che, senza sottovalutare i campanelli d’allarme, loro sono perfettamente in grado di trovare il giusto equilibrio per mezzo dell’ascolto e del dialogo.

Tante esperienze, fatiche, sensibilità, incontri. L’importante è in fondo questo, non smettere di incontrare le persone, di farle sentire ascoltate, riconosciute e accolte.

(cecilia moltoni)

In questo articolo Famiglie, Giovani

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