NotizieCarcere: diminuiscono i reati, aumentano i detenuti e i suicidi

Oltre 11 mila persone in più rispetto alla capienza regolamentare affollano i 190 istituti di pena presenti sul territorio italiano. Trenta guardie carcerarie e 96 detenuti si sono suicidati nei primi 11 mesi del 2019. E un detenuto su quattro fa uso di psicofarmaci

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Cresce ancora il numero delle persone detenute nelle carceri italiane. I dati di fine anno del Ministero della Giustizia fanno registrare dietro le sbarre quasi 11 mila persone in più rispetto alla capienza regolamentare (50.476 posti) nei 190 istituti penitenziari presenti sul territorio italiano.
Vivono recluse (dati al 30 novembre 2019) 61.174 persone, per un terzo stranieri, 2.713 donne, 56 bambini detenuti con le proprie madri.

Il sovraffollamento pesa sulle spalle dei carcerati (un detenuto su quattro assume psicofarmaci) e su quello dei 37.411 agenti penitenziari, fino a portare a situazioni estreme: nell'anno che sta per terminare 52 detenuti e 10 guardie carcerarie si sono tolte la vita, con un tasso di suicidi 10 volte più alto, per i detenuti, rispetto alla popolazione libera.

Quali soluzioni?
Secondo le associazioni che si occupano della tutela dei diritti della popolazione carceraria, un primo obiettivo per diminuire la densità carceraria è l’applicazione delle misure alternative per tutti i detenuti che ne abbiano diritto (oltre il 10 percento dei detenuti, circa 5 mila persone, si trova in carcere per reati minori, ha una pena inferiore ai 2 anni, potrebbe usufruire delle misure alternative al carcere e resta comunque in cella).
Ma la diminuzione delle disparità sociali, culturali ed economiche resta la vera chimera per evitare di “imprigionare la povertà”.
Nel suo report di giugno 2019, l’associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale Antigone denunciava: “Se sommiamo gli stranieri reclusi e i detenuti provenienti dalle quattro regioni meridionali più popolose siamo al 77% del totale della popolazione carceraria. Aggregando il dato con i detenuti provenienti da Sardegna, Basilicata, Abruzzo e Molise siamo oltre l’80%”. Tutto il resto del Paese, tendenzialmente più ricco, produce un quinto della popolazione detenuta, pur costituendo circa i due terzi dell’Italia libera”.
Una posizione ribadita oggi sulle pagine di Avvenire dal Garante nazionale privati della libertà Mauro Palma: “Tra le persone trattenute in carcere ce ne sono 1.700 che devono scontare una pena inferiore a un anno, e circa 2.000 condannate definitivamente a una reclusione che va da uno a due anni. Si tratta per la maggior parte di gente senza dimora, di poveri che non hanno una casa e un lavoro e non possono permettersi una difesa adeguata, sono soggetti, cioè, che non hanno legami con la società: non si può relegare la povertà esistenziale alla struttura restrittiva, bisogna creare una rete di fiducia fuori dal carcere, perché il sistema sociale oggi non è capace di sanare queste ferite: servono quindi più servizi sul territorio”.

Educare, non punire
Inoltre, già nel giugno scorso, con l’uscita del suo annuale report sulle condizioni delle carceri italiani,
l'associazione Antigone sottolineava un paradosso, tutto Italiano, spiegabile solo con l’inasprimento delle pene inflitte: sebbene diminuiscano tutti i reati, omicidi compresi, gli ingressi in carcere seguono il trend opposto, continuando a salire. A scapito del significato rieducativo della pena detentiva.

(manuela battista)

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