filo erba

NotizieCorridoi umanitari: proposte per un'integrazione condivisa in Piemonte

Dei 1.200 Siriani giunti nel nostro Paese grazie ai corridoi umanitari, il Piemonte ne ha accolti circa 200. Come rilanciare questo sistema nella regione?

  • Condividi

Lo scorso anno Amal Alabdallah, che adesso ha 4 anni ed è nata in un campo profughi in Libano, cercava riparo quando sentiva un elicottero sorvolare Rivalta, la città che l'ha accolta, insieme a sua mamma, suo papà e i suoi 8 fratelli. Oggi dice a sua mamma Khaldie che deve assolutamente sbrigarsi ad imparare l'italiano come ha fatto lei tra un gioco e l'altro, perché così potrà fare amicizia con tutti.

Ecco un frutto concreto dei corridoi umanitari, progetto nato nel 2016 dopo le tragiche vicende dei naufragi nel canale di Sicilia, su spinta della società civile, di Operazione Colomba, Comunità di Sant’Egidio e Tavola Valdese, oggi strumento che il Governo Italiano ha assunto e fatto proprio e che in questi ultimi mesi anche altri paesi europei stanno sperimentando.

Dei 1.200 siriani giunti nel nostro Paese grazie ai corridoi umanitari, il Piemonte ne ha accolti alcune centinaia. Tre famiglie che da poco più di un anno vivono accolte in Torino e prima cintura saranno protagoniste sabato 26 maggio, insieme ad una rappresentanza dei tanti attori che contribuiscono a questa rete di accoglienza umanitaria, di una mattinata di studio, dibattito e dialogo, che vuole sottolineare l'importanza di consolidare l'esperienza dei corridoi umanitari e aprire nuove strade: "Era il 27 aprile 2017 e tutti, ciascuno in modo diverso, iniziavamo un cammino - spiega in una nota l'Unita Pastorale 9 di Torino -. Quella sera, poco dopo le 22 giungeva a Rivalta, accolta dal Filo d’erba e da un gruppo di volontari dell’Unità Pastorale 9 di Torino, la famiglia Alabdallah. Loro arrivavano dal dolore e dalla tragica esperienza di profughi in Libano, di figli di un paese dilaniato dalla violenza che in questi giorni sta vivendo momenti, se possibile, ancora più drammatici, e si affidavano ad un ignoto gruppo, in un paese sconosciuto… qui si programmava, si schematizzava, ma sono poi le relazioni, gli sguardi, le condivisioni, le disponibilità che fanno l’accoglienza, che trasformano un foglio con su scritto «Progetto per chi ama le sfide» in un’esperienza che apre orizzonti di speranza, di dialogo, di amicizia, che può cambiare il modo di vedere le cose e le persone".

In questo articolo Immigrazione

Cosa facciamoDa sempre accanto agli ultimi