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NotizieDal Libano a Rivalta. La solidarietà che passa dai Corridoi umanitari

La comunità Il Filo d'Erba di Rivalta accoglierà per due anni una famiglia di 8 persone, profughi siriani provenienti da un campo del nord del Libano. Arriveranno in Piemonte grazie a un progetto di Corridoio Umanitario. "Un segnale contro chi vuole solo i muri", spiega Carlo Cassinis

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Sono sbarcati a Fiumicino nella mattinata del 31 gennaio e sono stati accogli presso la Comunità famiglie Il Filo d’Erba, realtà storica del Gruppo Abele. Si tratta di 8 persone, 3 adulti e 5 minori, i componenti di una famiglia siriana da 4 anni profuga in un campo nel nord del Libano, che arrivano in Italia grazie al programma dei Corridoi umanitari, progetto-pilota, completamente autofinanziato e realizzato dalla Comunità di Sant’Egidio con la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, la Tavola Valdese e la Cei-Caritas.

A richiedere la misura sono state le condizioni di salute preoccupanti della più piccola della famiglia, una bambina di appena 10 mesi, per la quale Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di pace dell’Associazione comunità Papa Giovanni XXIII da tempo operante in Libano, ha chiesto l’accesso urgente a cure mediche adeguate.

Il progetto di accoglienza, battezzato Oltre il mare, è stato organizzato e promosso, invece, dalla Comunità Famiglie Il Filo d’Erba di Rivalta, dove la famiglia siriana soggiornerà. Per due anni, a farsi carico delle spese d’accoglienza saranno 70 famiglie del territorio, con il sostegno delle associazioni del territorio e dell’amministrazione comunale. Chi volesse collaborare ed essere un ulteriore tassello nella costruzione di questo percorso di pace, può scrivere a Federica (sostieni@gruppoabele.org; 011 3841017)

“Un percorso paziente di accoglienza diffusa, attraverso cui la comunità intera si fa promotrice e non semplice osservatrice del percorso d’integrazione, prendendosi in carico le fatiche come le gioie di questa nuova famiglia che entra nel tessuto sociale e urbano. Un segnale forte per chi vorrebbe solo muri e porti chiusi”, spiega Carlo Cassinis, uno dei residenti della comunità Il Filo d’Erba.

Comunità che a marzo scorso ha chiuso un primo progetto di Corridoio umanitario, sostenuto allora dall’associazione Accomazzi e dall’Unità Pastorale 6 di Torino, con un’altra famiglia di profughi siriani, in tutto 11 persone di cui 9 minori, stanziata definitivamente a Rivalta.

“Nella grancassa di dichiarazioni e nella confusione che circola rispetto alla questione accoglienza, i corridoi umanitari costituiscono una soluzione assolutamente praticabile per garantire una migrazione sicura e, insieme, un’accoglienza responsabile – ragiona Beatrice Scolfaro, vicepresidente del Gruppo Abele – Accogliere non è solo scrivere un progetto e men che meno è un esperimento sociale. Non esistono esperimenti con le né tantomeno sulle persone. La società, come il mondo, non segue dinamiche di laboratorio. Noi crediamo nell’accoglienza come un investimento umano sul futuro del mondo”.

(piero ferrante)

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