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NotizieFinalmente il corridoio umanitario dall’Afghanistan

L'Arci, con la sua rete di circoli rifugio diffusa sul territorio nazionale, per la prima volta firma il protocollo che consente di aprire un corridoio umanitario per 1200 afghani e afghane in fuga dai talebani.È una grande sfida e una forte emozione sapere che, seppur in numero limitato, ci saranno persone che potranno mettersi in salvo, grazie alla disponibilità del governo italiano e agli sforzi della rete di associazioni coinvolte nell'operazione. Siamo certi che anche per salvare una sola persona, un solo essere umano, valga la pena partecipare a questa importante iniziativa

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L’Arci, con la sua rete di circoli rifugio diffusa sul territorio nazionale, e insieme a Comunità Sant’Egidio, Cei, Fcei, Tavola Valdese, OIM, Inmp e Unhcr, per la prima volta firma il protocollo che consente di aprire un corridoio umanitario per 1.200 afghani e afghane in fuga dai talebani.
È una grande sfida e una forte emozione sapere che, seppur in numero limitato, ci saranno persone che potranno mettersi in salvo, grazie alla disponibilità del governo italiano e agli sforzi della rete di associazioni coinvolte nell’operazione. Siamo certi che anche per salvare una sola persona, un solo essere umano, valga la pena partecipare a questa importante iniziativa.

I corridoi umanitari rappresentano una grande opportunità per i diritti delle persone in cerca di protezione, ma anche per il mondo dell’associazionismo poiché puntano a coinvolgere le comunità locali nella soluzione concreta di un problema globale come quello dei conflitti e delle persecuzioni.
Tuttavia non possono essere considerati la risposta a tutte le contraddizioni prodotte dalle politiche italiane e europee sull’immigrazione e il diritto d’asilo: sono un’alternativa parziale e complementare. Alternativa che dimostra che non solo far arrivare le persone in sicurezza e legalità è possibile, ma è la scelta migliore per tutti.
Preferiremmo non farlo. Preferiremmo che le guerre e le persecuzioni non ci fossero e preferiremmo che fossero i governi a farsi carico della protezione delle persone che rischiano la vita e che non possono viaggiare in sicurezza.

Dall’Afghanistan, dal 15 agosto a oggi, direttamente o indirettamente, sono arrivate solamente all’Arci, tramite il numero verde rifugiati o attraverso la rete territoriale, migliaia di richieste d’aiuto. Uomini e donne che hanno paura e sono alla ricerca di una via d’uscita dall’oscurantismo e dalla violenza dei talebani.
Oltre ad accogliere queste persone, l’obiettivo delle associazioni italiane che partecipano al progetto è di ribaltare la rappresentazione distorta, alla quale spesso abbiamo assistito in questi anni, dell’arrivo alle nostre frontiere di richiedenti asilo e profughi.
I governi europei in questi anni non hanno fatto la loro parte. Se guardiamo ai dati del 2020 (fonte UNHCR), vediamo che su 2.6 milioni circa di rifugiati afghani nel mondo, più di 2.2 milioni, circa l’85%, sono ospitati da Pakistan e Iran. Solo la Germania nell’UE accoglie un numero consistente, ancorché molto limitato, di rifugiati afghani (148mila circa). Mentre gli altri Paesi insieme non arrivano alla stessa cifra: 40mila Austria, 31.5mila Francia, 30mila Svezia, 21mila Grecia e l’Italia, senza contare quelli arrivati quest’anno, ne accoglie 12mila.
Se guardiamo poi ai dati dei programmi di reinsediamento (rifugiati riconosciuti da UNHCR trasferiti da campi profughi non sicuri a Paesi più sicuri), negli ultimi 6 anni (2015-2020), l’UE su un impegno dichiarato di accogliere 170mila persone di diverse nazionalità, in tutti i 27 Paesi, ne ha accolte realmente 122mila, poco più del 70%.
Questo a fronte di un fenomeno in forte crescita negli ultimi anni, quello delle migrazioni forzate, cioè quel flusso enorme di individui costretti a lasciare le proprie case, che nel 2020 ha toccato drammaticamente 80 milioni di persone!

Non basteranno i corridoi umanitari. Non basteranno i programmi di reinsediamento, con numeri così bassi da essere quasi imbarazzanti. L’Alto Commissario per i Rifugiati Filippo Grandi ha chiesto ai governi UE di farsi carico per i prossimi 5 anni dell’accoglienza, attraverso un programma specifico di reinsediamento, di 42mila afghani e afghane, ossia 8.400 persone all’anno per tutti i 27 Paesi. Se l’Italia dovesse accogliere in rapporto alla percentuale di popolazione (l’Italia rappresenta circa il 13.5% dei cittadini UE) si tratterebbe di ospitare nei prossimi 5 anni meno di 1.200 persone all’anno.
Questi numeri, senza aprire la discussione sulle difficoltà demografiche del vecchio continente e del nostro Paese in particolare, sono lontanissimi da quel che richiederebbe la gravità delle migrazioni forzate e nello specifico della crisi afghana.
Senza canali d’accesso sicuri e legali si alimentano i traffici illeciti e aumenta esponenzialmente il rischio di violenze e morte. Solo nel Mediterraneo dal 2014 a oggi sono scomparse 23mila persone. Dal 2017 oltre 60mila sono state respinte illegittimamente verso la Libia ricorrendo alla cosiddetta guardia costiera libica che solo nel 2021 ha effettuato 23mila respingimenti.
Alle frontiere europee, a partire da quelle che si trovano sulla rotta balcanica, i governi continuano a impedire l’accesso alla procedura di asilo per decine di migliaia di persone, in prevalenza afghani e siriani, violando quotidianamente leggi e convenzioni internazionali.

Con l’apertura di corridoi umanitari per l’Afghanistan, grazie alla disponibilità delle famiglie dei circoli rifugio e insieme alle altre associazioni che hanno lavorato per questo corridoio, l'impegno è di mettere in salvo e accogliere prevalentemente donne sole o sole con bambini, attivisti dei diritti umani, giornalisti, minori non accompagnati e persone LGBT che in quel Paese oggi sono vittime di persecuzioni e violenze.
Ma come ho scritto sopra, anche questo è ancora troppo poco.

(filippo miraglia, responsabile immigrazione Arci)

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