La casa non è una tana: una riflessione sull'emergenza abitativa

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Nel 2015 in Italia sono state emesse 64.676 sentenze di sfratto, ovvero uno sfratto ogni 399 famiglie. Nel 90% dei casi si tratta di morosità incolpevole, ovvero inquilini che si trovano nell'impossibilità di pagare un affitto

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“La variabile tra l’abitare privato e l’abitare sociale è il coinvolgimento degli abitanti, la cittadinanza attiva”. Con queste parole Elisa Saggiorato, coordinatrice del Programma housing della Compagnia di San Paolo, ha aperto il seminario La casa non è una tana, tenutosi presso la Fabbrica delle “e” di Torino.
L’incontro, organizzato dal Gruppo Abele con il supporto della Compagnia di San Paolo, è incentrato sulle politiche abitative. Una tematica di stretta attualità: basti pensare che nel 2015 in Italia sono state emesse 64.676 sentenze di sfratto, ovvero uno sfratto ogni 399 famiglie. Nel 90% dei casi si tratta di morosità incolpevole, ovvero inquilini che si trovano nell’impossibilità di pagare un affitto (Fonte: Ministero dell’Interno).
Il luogo scelto per il seminario non è casuale: la Fabbrica delle “e” di Torino è un luogo simbolo dell’accoglienza in Piemonte, che tuttavia figura come la terza regione italiana per provvedimenti di sfratto emessi dopo Lombardia e Lazio. La casa non ha solo un’accezione fisica: abitare è ciò che “rende umano” qualsiasi territorio, come sottolinea Silvano Petrosino, docente di Teoria della Comunicazione all’Università Cattolica di Milano e relatore del seminario. “E’ proprio in casa che intessiamo i legami, costruiamo gli affetti, troviamo autonomia e realizziamo progetti”, ha aggiunto Andrea Di Renzo, responsabile della casa di ospitalità notturna del Gruppo Abele. Per questo, se viene negato un diritto fondamentale come quello della casa non si perde solo l’abitazione, si perde anzitutto la propria dignità.
E le persone che vivono una situazione di marginalità e non riescono più a pagare un affitto sono in continuo aumento: “aumentare i posti letto sarebbe solo una soluzione tampone, occorre invece trovare alternative abitative alle accoglienze notturne che, ricordiamo, nascono come soluzioni emergenziali e temporanee”.
Tra edilizia residenziale pubblica, contratti stipulati da Locare, housing sociale e sostegno all’abitazione, la città di Torino ha sostenuto circa 2.800 famiglie, mentre altre 650 hanno beneficiato del Fondo di sostegno alla locazione. Eppure non basta: sono sempre di più i giovani tra 18 e 25 anni senza alcun sostegno familiare e privi di una realtà sociale solida che entrano nei circuiti dei senza fissa dimora. Per di più, in questi anni, è cresciuto notevolmente il numero di coloro che attendono il riconoscimento dello status di rifugiato e che rimangono senza casa durante i lunghi tempi di attesa per l’espletamento delle pratiche burocratiche. “E’ chiaro che le soluzioni abitative, tra housing sociale e servizi a bassa soglia, non sono più sufficienti. I temi della casa e dell’abitare – ha concluso il responsabile del dormitorio del Gruppo Abele - devono tornare al centro del dibattito e dell’agire politico poiché hanno bisogno di un approccio e di una visione d’insieme”.

(valentina casciaroli e toni castellano)

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