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NotizieLa creatività di In-Tessere premiata dalla Rete del Dono

Quasi per gioco.Era cominciato così il cammino di In-Tessere. Come uno sperimentarci: ore di formazione durante le quali l'abilità stava nel dribblare o, alla peggio, decriptare oscure locuzioni tecniche, tutte in rigoroso inglese, fino alla costruzione di una campagna vera e propria: l'oscuro mondo del crowdfunding.Riunioni, incontri, scrittura, riscrittura. Lo scoramento iniziale, profusioni di "non ce la faremo mai, raga", le prime bozze di progetto, il progetto che prende forma, il progetto e suo titolo, "la parola progetto è giusta o no?", il tirare dentro mezzo Gruppo Abele, i sopralluoghi, i video, la frenesia, gli storyboard e le gif, le card e i post.È passato un anno, o giù di lì, dal Big Bang di questo mastodontico lavoro. Un anno e tante cose sono cambiate

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Quasi per gioco.

Era cominciato così il cammino di In-Tessere. Come uno sperimentarci: ore di formazione durante le quali l’abilità stava nel dribblare o, alla peggio, decriptare oscure locuzioni tecniche, tutte in rigoroso inglese, fino alla costruzione di una campagna vera e propria: l'oscuro mondo del crowdfunding.
Riunioni, incontri, scrittura, riscrittura. Lo scoramento iniziale, profusioni di “non ce la faremo mai, raga”, le prime bozze di progetto, il progetto che prende forma, il progetto e suo titolo, "la parola progetto è giusta o no?", il tirare dentro mezzo Gruppo Abele, i sopralluoghi, i video, la frenesia, gli storyboard e le gif, le card e i post.
È passato un anno, o giù di lì, dal Big Bang di questo mastodontico lavoro. Un anno e tante cose sono cambiate.

Il 26 settembre, quando è arrivato il momento del lancio online della campagna di crowdfunding per la sartoria popolare, credevamo di aver fatto il massimo. E siamo stati contenti.
Dodici giorni dopo, all’alba di ottobre, aver raggiunto la meta stabilita, i famosi e ansiogeni 5mila euro, c’ha fatto cambiare idea: era quello il massimo. E siamo stati contenti.
Il 26 ottobre, alla fine della campagna, aver superato di oltre 3mila euro quella somma, abbiamo capito che no, questo davvero era il massimo! E siamo stati contenti.
E poi? E poi succede che scorrono le pagine del calendario, passiamo al 2020, e una sera di febbraio, corre il giorno 4, a Milano, tira vento forte fuori, e al Digital Crowdfunding Award 2020, promosso dalla Rete del Dono in collaborazione con Pay Pal e Assif, In-Tessere vince il premio creatività nella categoria onlus. E ci tocca aggiornare la graduatoria alla voce “il massimo”.

A Milano, alla Cariplo Factory, la nostra è stata una piccola delegazione, cinque persone tra ufficio comunicazione e ufficio raccolta fondi. Eppure era come fossimo duecento riassunti in cinque. Duecento quante le donne che, ogni giorno, litigano, passano, creano, cucinano, imparano l’italiano, insegnano l’arabo e il cinese, l’inglese e il francese dentro la Drop House, dove nascerà la sartoria.

Quelle stesse donne che fretta, superficialità e semplificazione, il mondo ha virgolettato come vulnerabili. O fragili. Pure, se ci pensiamo bene, fragilità e vulnerabilità sono condizioni di base dell’umanità, e di per sé, dunque, non sono né un, né tantomeno il problema che è, e resta, l’assenza di giustizia sociale.
Le donne della Drop House sono donne come è donna qualunque donna, donne come è donna anche ciascun uomo. Donne schiacciate da situazioni sfavorevoli, senza casa, fiaccate nella speranza da una malattia, da un lavoro perso, da una migrazione difficile; donne a cui la sorte ha voltato le spalle o che hanno pagato a caro prezzo un momento difficile. Ma non donne arrese. Sono donne che ci mettono di fronte alla crisi del nostro sistema tutti i giorni e che, di InTessere, sono non beneficiarie ma artefici.

Eccolo allora il primo fine di In-Tessere: smontare pezzo per pezzo l’assioma che solidarietà è filantropia. In-Tessere non è beneficenza e non è una concessione verticale: In-Tessere è una connessione sentimentale, scoccata per rimettere al centro i bisogni primari delle persone.
Bisogno, già: questa parolaccia così malintesa che ci si dimentica spesso avere a che fare direttamente con la vita, oltre che con la dignità della gente.
Abbiamo cominciato per gioco, scrivevamo all’inizio.
Col tempo, abbiamo capito che la possibilità di lavoro, la formazione, la relazione sono materie complesse e delicate da maneggiare.
E il gioco s’è fatto serio ed è diventato percorso comune.
Ora non resta che lavorare ancora più forte. In-Tessere è un progetto sociale. Non di quelli che scrivi e rendiconti. È un progetto di ripensamento del mondo, per sovvertire la presunta inevitabilità del destino. E come ogni progetto sociale è un percorso complesso, strutturato, si interseca con mille altri mondi, richiederà tempo per affermarsi al meglio.
In-Tessere è tante cose, quindi. Ed è soprattutto questo: un tentativo di avvicinamento tra possibilità concrete e speranza.



(federica, giorgia, giulia, piero, toni degli uffici comunicazione e raccolta fondi del gruppo abele)

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