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NotizieLa droga dell’informazione

I tristi fatti di Terni hanno riportato sulle prime pagine dei giornali il tema del consumo di sostanze psicotrope o meglio della "droga". Tuttavia a prevalere è ancora una volta lo stereotipo, lo stigma, lo scandalo, una modalità comunicativa veemente e semplicistica tanto veloce ad accendere i riflettori quanto a spegnerli fino alla prossima tragedia. Si parla di "emergenza droga" senza fare riferimento ai dati concreti né all'esperienza di chi si occupa di quel settore per poi, nel tourbillon bulimico dei media, rivolgere lo sguardo altrove, passando da un tema del "momento" a quello del "prossimo" con brusche soluzioni di continuità.

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I tristi fatti di Terni hanno riportato sulle prime pagine dei giornali il tema del consumo di sostanze psicotrope o meglio della “droga”. Tuttavia a prevalere è ancora una volta lo stereotipo, lo stigma, lo scandalo, una modalità comunicativa veemente e semplicistica tanto veloce ad accendere i riflettori quanto a spegnerli fino alla prossima tragedia. Si parla di “emergenza droga” senza fare riferimento ai dati concreti né all’esperienza di chi si occupa di quel settore per poi, nel tourbillon bulimico dei media, rivolgere lo sguardo altrove, passando da un tema del “momento” a quello del “prossimo” con brusche soluzioni di continuità.

Come operatori di prossimità da molto tempo ci interroghiamo su come e quanto sia necessario costruire un rapporto con i professionisti della comunicazione per ridefinire linguaggi e modalità. Per esempio, nel convegno nazionale sul lavoro di strada Certaldo2019, tenuto a Firenze lo scorso anno, abbiamo non per caso dedicato un’intera sessione a questo tema. E ancora: non fosse stato per il Covid, che ha bloccato un po' tutto, come Università della Strada avremmo già realizzato i primi moduli di una formazione specifica dedicata a operatori sociali e a giornalisti. Insieme: per poter (ri)disegnare nel confronto un lessico comune e più oggettivo. Tuttavia il modo di trattare la vicenda dei due ragazzi di Terni riporta prepotentemente il tema sul tavolo.

Avremmo voglia di spiegare che l’attenzione la si deve avere per (e dare alle) persone, non già e non più alle sostanze e che occorre farlo con costanza, nei tempi ordinari e non solo nei momenti di lutto; avremmo voglia di dire, con i fatti e con la nostra esperienza pratica, che gli slogan, i luoghi comuni che partono dalla pancia e parlano alla pancia sono il modo migliore per non affrontare i veri problemi; vorremmo poter spiegare che la verità è più complicata di un titolo a effetto, che non c’è un’emergenza droga ma piuttosto il bisogno di recuperare umanità e oggettività, perché ogni situazione è situazione a sé, diversa dalle altre, e che no, non è possibile leggere il mondo con una sola griglia che finisce per essere pregiudiziale; vorremmo argomentare una volta per tutte chiarendo che la retorica, gli archetipi e le parole chiave che riemergono nei titoli e in tanti editoriali sono tanto urlate quanto superficiali.

Ma non appena cominciamo a spiegarlo, ci accorgiamo che l’attenzione degli organi di stampa è già andata altrove e che le nostre parole, ancora una volta, cadono mestamente nel vuoto.

(lorenzo camoletto, operatore del drop in e formatore del gruppo abele sui temi di tossicodipendenze)

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