NotizieLa persona oltre la sostanza. Un nuovo sguardo alle politiche sulle droghe

Negli ultimi 12 anni la società italiana è cambiata, sono cambiate le sostanze psicotrope in circolazione e le forme del consumo, diventato per molti un'appendice del consumismo tout-court. A non essere cambiata è la legge, insieme all'approccio culturale che l'ha ispirata. Questo approccio oggi rivela il suo totale fallimento

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Di droga in Italia si continua a soffrire, si continua a morire, eppure non si parla quasi più. Il tema è scomparso dall’attenzione quando sono scomparse le siringhe dai centri cittadini. Risospinto nel privato delle case, nelle periferie reali ed esistenziali e dietro le sbarre del carcere.
La Conferenza nazionale sulle Dipendenze, che abbiamo atteso per 12 anni, dev’essere l’occasione per riportare questo tema al centro del dibattito pubblico e politico. Ma non come una clava da agitare a scopi elettorali, né come un corollario del discorso sulla sicurezza. In gioco non ci sono un malinteso senso della moralità e del decoro, ma la salute, la libertà e la dignità dei cittadini. Ecco perché è urgente parlarne e poi andare oltre le parole, oltre le letture accurate ma sterili se non supportate da un impegno concreto, appassionato e adeguatamente sostenuto da risorse economiche e umane.

Negli ultimi 12 anni la società italiana è cambiata, sono cambiate le sostanze psicotrope in circolazione e le forme del consumo, diventato per molti un’appendice del consumismo tout-court. A non essere cambiata è la legge, insieme all’approccio culturale che l’ha ispirata. Questo approccio oggi rivela il suo totale fallimento. Lo rivela nel numero persistente di morti, diretti e indiretti, nel sovraffollamento carcerario e nella quota di persone tossicodipendenti detenute, nella cronicizzazione delle forme di dipendenza, nelle sacche di degrado e disperazione che la dipendenza da droghe alimenta. Ma anche nel perdurante successo del narcotraffico, un mercato che non conosce crisi.

È il momento di aggiornare le nostre letture e i nostri strumenti di intervento. A partire appunto dalle leggi.

Serve con urgenza una riforma delle norme in vigore, che vada nel senso della depenalizzazione dell’uso di sostanze. Tenendo presente che depenalizzare non significa liberalizzare, ma semmai regolare e vigilare, con conseguente riduzione dei danni e dei rischi e indebolimento dei circuiti criminali. Una depenalizzazione che, per quanto riguarda le sostanze come la cannabis, potrebbe anche tradursi in forme sperimentali di legalizzazione.

Serve un capovolgimento del paradigma culturale, per porre al centro dell’attenzione non le droghe, ma le persone e i loro diritti. E riconoscere che, per quanto certamente rischioso, non sempre l’uso di sostanze psicotrope si traduce in una dipendenza dalle stesse: proprio a partire da questa ammissione si favorisce un approccio meno ideologico al problema.

La risposta politica fondata sulla paura e la stigmatizzazione ha dimostrato tutti i suoi limiti, e anche sul piano sanitario non sempre le strategie si sono mostrate efficaci. È arrivato il momento di puntare sulla consapevolezza e sulla responsabilità: dei singoli verso la società e della società verso i singoli.
Soltanto la conoscenza, la ricerca di senso e relazioni autentiche, la presenza di opportunità concrete di realizzazione personale, proteggeranno le nuove generazioni da un aumento dei fenomeni di dipendenza, da sostanze e non solo.

Nel documento preparato per la Conferenza, come Gruppo Abele vogliamo evidenziare i principali nodi critici che abbiamo riscontrato in questi anni nel quadro del nostro impegno sulla strada e nel quotidiano confronto con gli operatori del pubblico e del privato sociale. E presentare le nostre proposte di cambiamento sul piano normativo, operativo, educativo e culturale.

Seguendo lo schema tracciato dai tavoli preparatori della Conferenza, ai quali siamo stati felici di partecipare, ci concentreremo in particolare su: la necessaria depenalizzazione dei consumi; il potenziamento delle misure alternative al carcere e il rispetto della salute dei detenuti; la garanzia di un pieno diritto alla cura per le persone tossicodipendenti; un rafforzamento del sistema dei Servizi pubblici, oggi ostaggio di un cronica insufficienza di risorse; la promozione del reinserimento sociale e lavorativo; un maggiore investimento sulle pratiche di riduzione del rischio e del danno; una ridefinizione delle strategie di prevenzione attraverso i percorsi educativi, formativi e culturali.

L’obiettivo primario è proteggere i giovani dall’assunzione di sostanze e dai rischi che il consumo comporta, fra i quali ovviamente l’instaurarsi di una possibile dipendenza. Il secondo obbiettivo, nel rispetto delle libertà individuali e nella tutela dell’interesse pubblico, è l’aiuto alle persone che delle sostanze già fanno uso, attraverso strumenti sanitari e di cura, di supporto e di accompagnamento sociale ed educativo. Questo duplice livello di intervento costituisce un valore irrinunciabile per la gestione di un problema che genera sofferenze profonde e sgretolamento della coesione sociale.

(Gruppo Abele)


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