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NotizieLa prostituzione sparita per decreto

A Torino l'Unità di Strada del Gruppo Abele, che da oltre dieci anni effettua uscite serali per mappare, offrire aiuto e individuare situazioni di sofferenza e pericolo, ha continuato le uscite anche durante il lock down. Abbiamo chiesto a Simona Marchisella, coordinatrice del Progetto Tratta del Gruppo Abele, come è mutato il fenomeno

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Prostituzione sparita per decreto. A Torino l'Unità di Strada del Gruppo Abele, che da oltre dieci anni effettua uscite serali per mappare il fenomeno della prostituzione, offrire aiuto e individuare situazioni di sofferenza e pericolo, ha continuato le uscite anche durante il lock down, principalmente per un'azione di monitoraggio del fenomeno.Ne abbiamo parlato con Simona Marchisella, coordinatrice del Progetto Tratta del Gruppo Abele. Cosa è successo alla prostituzione in strada: quali sono le osservazioni e gli eventuali cambiamenti che avete notate dopo il 23 febbraio?I marciapiedi si sono svuotati. Le donne non ci sono più o quasi. Da una prima ricognizione la presenza appare ridotta, ma a ben guardare si possono cogliere alcuni segnali: una ragazza ferma in auto con la portiera aperta, una transessuale affacciata alla finestra, il via vai di volti fuori zona in alcuni palazzi, alcune segnalazioni da parte di cittadini di situazioni sospette relative a giri di prostituzione indoor. Ma in alcune zone e in alcune strade di Torino abbiamo comunque incrociato persone dedite all’accattonaggio, alcune con un’evidente fragilità fisica e psicologica.Come se la stanno cavando le ragazze che vivevano di questo?Abbiamo contattato le donne con cui nel tempo abbiamo costruito un rapporto di fiducia e supporto, per capire in che condizioni stessero vivendo, col lavoro bloccato e il virus in circolazione. Alcune ci hanno restituito un vissuto di apparente serenità, in altre è maggiormente evidente la loro fatica nel riuscire ad arrivare a fine mese, una in particolare ha descritto questa situazione di emergenza sanitaria come “Vivere in una guerra che non si vede”.Come spesso ci capita di notare, dimostrano comunque di “sapersela cavare”. Questo perché purtroppo sono abituate a vivere con poco. Tra affitto, pagamento del debito agli sfruttatori e rimesse da spedire a casa, anche in tempi di non emergenza queste ragazze vivono con pochi euro al giorno. Abbiamo fatto molta fatica a far emergere la necessità di un aiuto alimentare, per fare almeno un pasto al giorno. Alla fine hanno accettato la nostra mano tesa soprattutto quelle che hanno figli a carico. Oltre a questo aspetto, sicuramente importante, vorrei sottolineare che le donne che abbiamo incontrato in questi anni e che incontriamo ogni giorni nei nostri servizi sono persone dotate di grandi risorse e che hanno una grande resilienza di cui oggi spesso si parla.Sono a conoscenza della distribuzione di pacchi di sussistenza da parte dei Comuni?Alcune sì, non tutte. Ma anche in chi è informata, emergono la vergogna e il senso di colpa dell'essere illegali: anche se alcune sono in regola con i documenti, sentono di non poter chiedere aiuto alle Istituzioni, di non sentirsi parte del territorio in cui vivono e di non poter mettersi in coda per la richiesta di questi aiuti perché dal loro punto di vista non ne avrebbero diritto. Riprendo le parola di una donna: “Come posso io chiedere aiuto al Comune, quando non ho mai pagato le tasse!!”Avete la sensazione che la prostituzione si sia spostata in altri luoghi più appartati o nell'indoor?Questo in parte è successo. Lo notiamo da alcuni movimenti anomali in zone precedentemente molto trafficate da clienti. Però la maggioranza delle ragazze da noi contattate ci ha spiegato che ha semplicemente smesso di lavorare, per timore dei controlli certo, ma anche di ammalarsi.Cosa succederà finita l'emergenza?Il distanziamento sociale dettato dai motivi sanitari che il Covid ci ha imposto proseguirà ancora a lungo, quindi questo inciderà pensantemente sul lavoro in strada. Come sempre i più fragili, economicamente e psicologicamente, soccomberanno prima: si arrischieranno in strada o torneranno a prostituirsi al chiuso. Gli sfruttatori che al momento hanno probabilmente concesso una tregua sul pagamento di debiti e affitti torneranno a reclamare il loro incasso illegale, costringendo le più bisognose a mettere da parte i timori nuovi e tornare al lavoro.Per questo motivo siamo convinti che sarà necessario intensificare le attività di monitoraggio sul web, controllando attraverso il proliferare di annunci online come si stia riorganizzando la prostituzione ai tempi del Covid.Sarà quindi importante pensare a nuove modalità di aggancio con chi diventerà sempre più irraggiungibile, perché segregati al chiuso, e dotarsi di nuovi strumenti o opportunità di aiuto da offrire. Sarà inoltre indispensabile che gli operatori acquisiscano nuove competenze in ambito sanitario per poter meglio riconoscere le nuove richieste di aiuto che potrebbero incontrare e che siano successivamente in grado di orientare al meglio le persone ai servizi più adeguati. Ci stiamo inoltre interrogando sulle ricadute che il Covid potrà portare rispetto alle relazioni sessuali, se pensiamo in questi anni si è lavorato molto sulle infezioni sessualmente trasmesse e sull’importanza della prevenzione. Oggi ci stiamo chiedendo in che modo, soprattutto per le prostitute e/o prostituite, ci si potrà proteggere e quali eventuali informazioni di prevenzione sanitaria si potranno offrire.Già prima di questa emergenza, lo sportello del Gruppo Abele dedicato alle donne vittime di tratta e sfruttamento sessuale registrava una grande fragilità psicologica, soprattutto tra le più giovani che si rivolgono alle operatrici. Come inciderà questa ulteriore prova di resistenza sulle persone prostituite in strada?Alcune tra loro, soprattutto le donne nigeriane, hanno una grande forza spirituale che le aiuta sempre e che consente loro di procedere con fede e speranza anche nei momenti più bui. È una risorsa che per alcuni di noi può apparire marginale, ma noi che incontriamo in strada e accogliamo in comunità molte donne di questa nazionalità, abbiamo imparato a riconoscerne la potenza salvifica della fede religiosa. Accanto a questo elemento positivo, che ovviamente non è valido per tutte, ci aspettiamo un generale peggioramento delle condizioni psico-fisiche delle persone che incontriamo in strada (prostitute, ma anche persone in estrema povertà che vivono di accattonaggio) e ci teniamo pronti ad essere ancora più capillari nell'individuarli e nel sostenerli. (manuela battista)
In questo articolo Immigrazione, Lotta alla povertà

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