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NotizieL'annunciato autunno caldo dei licenziamenti

"Nella fase più acuta della pandemia solo il blocco dei licenziamenti ha evitato che ci fossero espulsioni di massa. A luglio il governo ha dato il via libera ai licenziamenti nel settore industriale e subito se ne sono visti gli effetti nefasti. Non si può quindi non essere estremamente preoccupati in vista del 31 ottobre, data in cui cesserà il blocco per tutti gli altri settori". L'allarme di Edi Lazzi, segretario generale Fiom-Cgil di Torino, autore per le Edizioni Gruppo Abele di "Buongiorno, lei è licenziata"

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Nella fase più acuta della pandemia solo il blocco dei licenziamenti, concordato tra organizzazioni sindacali e governo, ha evitato che ci fossero espulsioni di massa, soprattutto dalle piccole imprese. Poi, da luglio, il governo ha deciso di dare il via libera ai licenziamenti nel settore industriale e subito se ne sono visti gli effetti nefasti, con vicende come quella paradigmatica della GKN di Firenze che ha dichiarato il licenziamento di 400 lavoratori.

Non si può quindi non essere estremamente preoccupati in vista del 31 ottobre, data in cui cesserà il blocco per tutti gli altri settori, in particolar modo per quelli più colpiti dagli effetti della pandemia, come il commercio e la ristorazione. Corriamo il rischio di trovarci in una sorta di D-Day, con il via libera totale ai licenziamenti i cui effetti potrebbero essere pesantissimi, soprattutto a Torino, città che più di altre sta soffrendo il peso di questa crisi.

Il capoluogo piemontese sta infatti attraversando da anni una crisi economica pesantissima, determinata in particolar modo dal forte ridimensionamento della sua industria principale: l’auto con tutta la filiera di componentistica. Cito solo un dato numerico in grado di rappresentare plasticamente questo ridimensionamento. Nel 2007 sono state prodotte a Torino oltre 200mila autovetture, per arrivare a produrne poco più di 30mila nel 2020. Una variazione percentuale in negativo che va ben oltre l’80 per cento. Ovviamente questo crollo produttivo ha determinato a cascata la riduzione dei componenti che servono per assemblare le autovetture, la filiera è andata in crisi e migliaia di lavoratrici e lavoratori sono stati licenziati.
La Fiom-Cgil di Torino ha quantificato nel solo settore metalmeccanico la perdita di oltre 32mila posti di lavoro. È necessario tenere presente, per capire appieno la portata del fenomeno di deindustrializzazione, che i dati sono sottostimati in quanto estrapolati da un campione di aziende in cui la Fiom è presente: rimangono fuori tutte le altre realtà produttive dove non c’è insediamento sindacale. E dal 2008, anno in cui è iniziata la crisi globale, 370 aziende metalmeccaniche hanno chiuso i battenti per fallimento o per cessata attività produttiva. La maggioranza dei posti di lavoro persi è stata nell’automotive e nella sua filiera, essendo la parte predominante del tessuto industriale torinese.

Torino è ormai paragonabile a una città del Sud, con uno dei tassi più alti in Italia di disoccupazione giovanile, dove le donne fanno fatica a trovare un’occupazione e quando la trovano è precaria con bassi livelli di retribuzione. Ed è proprio sulla crisi, sugli effetti diretti che sta avendo sulle persone, sul modo di affrontarla che ho scritto il libro edito dalle Edizioni Gruppo Abele Buongiorno, lei è licenziata . Un libro che parla di Torino attraverso le testimonianze di dieci donne che sono state licenziate da altrettante aziende a causa di questa crisi economica, di come hanno dovuto reinventarsi, delle difficoltà che hanno attraversato, di come hanno visto peggiorare la loro condizione.

Torino deve trovare una via di uscita. Personalmente penso che si debba ripartire da ciò che sappiamo fare, ovvero industria e auto, con lo sguardo rivolto al futuro, alla mobilità eco-sostenibile e a tutto ciò che ruota intorno all’economia verde.
Per salvarsi serve una visione, un progetto che parta dall’industria, dall’auto e si dispieghi nelle vie della green economy con potenti investimenti nell’infrastrutturazione del territorio, nella ricerca, nello sviluppo e nella produzione materiale. Abbiamo la possibilità di sfruttare le risorse che arriveranno dall’Europa ma per ottenerle servono appunto un progetto e una visione.

Se davvero vogliamo rilanciare l’economia bisogna impegnarsi collettivamente, ognuno facendo la sua parte. Altrimenti la disoccupazione aumenterà, i giovani non avranno possibilità di crearsi un futuro e le donne continueranno a pagare il prezzo più alto.

(edi lazzi, segretario generale Fiom-Cgil di Torino)

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