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NotizieL'eredità del progetto MAMMA+

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Nel 1999la nostra Laura Carletti, le dottoresse Tibaldi del Sant’Anna e Riva del Regina Margherita e le assistenti sociali ospedaliere Annita Genovese e Giulia Ferro avevano dato forma alla necessità di supportare le donne sieropositive in gravidanza, una forma che l’anno seguente si concretizzò nel progetto MAMMA+.
Finalmente era stata individuata la cura in grado di ridurre al minimo il rischio di infezione da Hiv dalla madre al bambino.
E le donne in gravidanza che si presentavano all’ambulatorio Malattie infettive del Sant’Anna erano spesso reduci da storie di tossicodipendenza e iniziavano a esserci anche alcune donne migranti, donne che per avere una buona compliance terapeutica avevano bisogno di aiuto, di supporto.

L’infezione da HIV non era allora, e non lo è ancora, una patologia di cui le persone riescano a parlare facilmente con famigliari e amici per condividere le preoccupazioni che questa malattia comporta. Preoccupazioni che in gravidanza si innalzano vertiginosamente: la paura di trasmettere la malattia alla creatura che si custodisce in grembo, la terapia che cambia e poi il parto, che potrà essere naturale solo se i CD4 lo consentiranno, il non poter allattare, il dover dare uno sciroppo al/alla neonata/o per almeno 4/6 settimane, il doverlo/a sottoporre a esami ematici e visite frequenti, adesso fino ai 6 mesi di vita, allora fino ai 18 mesi.

Quando a tutto ciò si sommano anche difficoltà economiche, mancanza di una casa, di un lavoro, di un supporto famigliare, di integrazione linguistica, ecco che la terapia farmacologica, gli esami di controllo, l’accesso alle visite, diventano tasselli di un contesto di vita estremamente complesso, in cui la cura, per essere efficace, non può che essere sanitaria-sociale-economica-culturale.

Il progetto MAMMA+ è nato da una équipe multidisciplinare (medici-educatori-assistenti sociali) ispirato proprio dalla convinzione che l’efficacia della cura del corpo possa essere raggiunta solo prendendosi cura della persona nel suo complesso. Sempre, ma soprattutto nelle situazioni in cui le vite delle persone sono profondamente segnate dall’isolamento sociale, dalla povertà, da esperienze di violenza, di integrazione culturale faticosa a seguito di percorsi migratori traumatici.

Nel 2000 MAMMA+ ha iniziato a vivere, nel 2020 avremmo voluto festeggiare questi 20 anni di ricca esperienza, fatta di incontri, storie e percorsi, ma è arrivato il Covid.

Un progetto che vive per così tanto tempo sarebbe stato meglio definirlo servizio, già negli ultimi anni i rinnovi di collaborazione erano stati farraginosi, le risorse sempre più ridotte: era evidente che ci stavamo avvicinando alla conclusione di questa avventura e così è stato. Da quest’anno, il 2021, MAMMA+ non esiste più.

Da questa esperienza ventennale possiamo dire di avere imparato molte cose: che affiancare una donna in difficoltà che sta per diventare mamma è davvero fondamentale, per prevenire la depressione postparto, per favorire la nascita della mamma e il processo di attaccamento del bimbo, per dare una prospettiva rassicurante al nucleo famigliare; che avere una figura ponte tra ospedale e territorio, che fa visite domiciliari e accompagnamenti rende reale l’aiuto: non ti dico cosa devi fare, ma lo faccio con te, non ti lascio sola, perché il puerperio è complicato per una donna che sta bene ed è circondata dai suoi affetti, figuriamoci per una donna che non ha questi punti fermi nella vita; che la compliance terapeutica, difficilmente raggiungibile in situazioni di fragilità, è molto favorita dall’affiancamento di un/a operat* sociale; che la contaminazione professionale tra operatori sanitari e sociali arricchisce entrambi.

Ma soprattutto abbiamo sperimentato che un intervento di sostegno domiciliare in gravidanza per donne che vivono varie forme di fragilità è una reale azione di prevenzione e investimento per il futuro non solo del nucleo famigliare ma della società intera, tanto che dovrebbe essere un modello di accoglienza e assistenza da estendere a tutte le donne che portano avanti la gravidanza in contesti contraddistinti da problematiche sanitarie, sociali, economiche.

È a partire dal XX secolo che la salute viene definita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) "stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia", e viene considerata un diritto fondamentale delle persone. Questa definizione implica quindi, per le istituzioni dello Stato, non solo l’impegno a gestire il sistema sanitario nazionale, ma anche il farsi carico di individuare e modificare i fattori che influiscono negativamente sulla salute collettiva, e promuovere quelli ad essa favorevoli. Azioni, queste, non prettamente sanitarie, che quindi richiedono l’attivazione di alleanze con altri ambiti professionali per poter essere praticate, e con MAMMA+ abbiamo sperimentato che si tratta di buone pratiche efficaci e con costi contenuti.

Inutile dire che, se in Italia si parla ancora di sperimentazione e studi di fattibilità di modelli innovativi di integrazione tra area sociale e sanitaria e area socio-sanitaria con il privato sociale, significa che, seppur già immersi nel XXI secolo, abbiamo ancora tanta strada da fare.

Pensando ai ritardi di applicazione nella pratica dei principi fondamentali che dovrebbero segnare l’evoluzione dei diversi servizi chiamati a collaborare per tutelare la reale e completa salute delle persone, non posso non fare riferimento al macrotema dell’inquinamento ambientale: senza un’analisi attenta e un piano condiviso con il mondo della ricerca, dell’industria e dei trasporti è impossibile agire in modo efficace per tutelare la salute delle popolazioni e del contesto in cui vivono.

Per individuare prontamente i contesti ambientali in cui la salute è messa a rischio, serve un registro nazionale che monitori lo stato di salute dei cittadini. Ebbene, nonostante il nostro sia un territorio segnato da decenni da vicende drammatiche come quella dell’amianto a Casale Monferrato, della terra dei fuochi in Campania, dell’Ilva a Taranto, è solo del 2019 la legge che istituisce e disciplina la Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza e del referto epidemiologico per il controllo sanitario della popolazione.

Senza interventi di indagine, prevenzione e cura multidisciplinari interconnessi la salute della popolazione, soprattutto della popolazione più fragile, rischia di essere solo un rattoppo, quando non un miraggio, determinando un costo economico e sociale molto elevato.

Ecco perché progetti come MAMMA+, seppur piccoli, hanno un grande valore perché affermano a gran voce il diritto alla salute a tutto tondo delle persone.

(patrizia ghiani, referente Area Vulnerabilità sociale Gruppo Abele)

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