NotiziePerché il dopo sia un oltre

Fa parte dell'ambivalenza della vita il duplice volto di una crisi. Che se da un lato porta con sé perdite e scompaginamenti, dall'altro apre il campo a invenzioni e ricostruzioni di equilibri che facciano tesoro di quanto appreso nella crisi stessa. Così è dopo questi mesi, nei quali la società è stata sconvolta dalla prima pandemia dell'era globale. Una crisi così virulenta da farci dire che, dopo, nulla sarebbe stato come prima. Ora che il dopo è arrivato (seppur tra incertezze), vediamo tutti quanto sia forte la tentazione di ripristinare la normalità di prima. La domanda è: possiamo sprecare l'occasione che questa crisi offre?

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Fa parte dell’ambivalenza della vita il duplice volto di una crisi. Che se da un lato porta con sé perdite e scompaginamenti, dall’altro apre il campo a invenzioni e ricostruzioni di equilibri che facciano tesoro di quanto appreso nella crisi stessa. Così è dopo questi mesi, nei quali la società è stata sconvolta dalla prima pandemia dell’era globale. Una crisi così virulenta da farci dire che, dopo, nulla sarebbe stato come prima. Ora che il dopo è arrivato (seppur tra incertezze), vediamo tutti quanto sia forte la tentazione di ripristinare la normalità di prima. La domanda è: possiamo sprecare l’occasione che questa crisi offre?

Per il lavoro sociale ed educativo molti sono gli apprendimenti che si sono potuti sviluppare in questi mesi. Per dire: è stato riconosciuto il "carattere essenziale" dei nostri servizi, finalmente, dopo anni di delegittimazioni. Tutti, anche i più individualisti, hanno potuto toccare con mano quanto le nostre vite siano interdipendenti. Tutti, anche i più indifferenti, si sono resi conto di come le disuguaglianze mettano a repentaglio la coesione sociale, tanto che a un certo punto si sono temute rivolte nelle zone più fragili del Paese. Insomma, si è capito che il sociale conta, non è spesa improduttiva, ma utile investimento.

Non solo. Nelle organizzazioni si è respirata un’aria istituente, che ha portato a reinventare gli schemi della quotidianità. Si sono attivate reti sui territori per portare l’aiuto là dove occorreva. Si sono costruite mappe della fragilità urbana per far sì che nessuno fosse abbandonato. Con telefonate e videochiamate si sono create relazioni di prossimità con le persone cosiddette utenti, che hanno sovente messo in gioco risorse inaspettate. D’altro lato, non si può tacere la sofferenza che ha colpito molte famiglie dove vi sia un componente con disabilità o disagio psichiatrico. Mesi di chiusura dei centri diurni hanno prodotto la perdita di autonomie faticosamente conquistate.

Tutto questo per dire che la rivista intende sostenere nei prossimi mesi lo sforzo di capire come il dopo possa diventare veramente un oltre. A tal fine abbiamo scritto un primo documento. Lo trovate in questo numero.

Leggi il sommario del numero 338 di Animazione Sociale

(editoriale al numero 337 di Animazione Sociale, a firma della redazione della rivista)

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