Cosa succede dentro il CPR di Torino?

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Abbiamo il diritto di sapere cosa succede dentro il Cpr di Torino: la Rete torinese contro tutti i Cpr, di cui fa parte anche il Gruppo Abele, chiede al Prefetto di entrare nella struttura di corso Brunelleschi per conoscere le reali condizioni dei migranti

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Sul Cpr di corso Brunelleschi non deve calare il silenzio: questo l’intendimento dell’ultima assemblea della Rete torinese contro tutti i Cpr del 7 luglio scorso. Il Gruppo Abele insieme agli altri enti e associazioni che compongono la Rete si dichiarano preoccupati per la carenza di notizie provenienti dal Cpr, mentre le condizioni delle persone sono sempre più critiche. "La nostra è una preoccupazione sostenuta dai dati: nel solo mese di aprile 2025 sono stati 22 gli eventi critici e al mese di giugno risultavano soltanto 124 persone transitate nel Cpr di Torino, di cui 35 provenienti dal carcere. Di questi 15 sono stati rimpatriati, di cui solo 3 in modo volontario, attraverso il progetto di rimpatrio assistito dell’OIM. Attualmente, la maggior parte dei trattenuti proviene dalla Tunisia e dal Marocco".

Nella gran parte dei casi i Cpr servono a trattenere per un massimo di 18 mesi persone indesiderate, inermi, che non comprendono la ragione della loro prigionia, dopo essere sfuggiti alla fame, alla povertà, alla violenza.
Il fatto poi che i trattenuti provengano da altre zone del paese, soprattutto dall’Italia centrale, rende impossibile a familiari, conoscenti o realtà che li accompagnano, rintracciarli e verificarne le condizioni. Ai trattenuti infatti, non vengono riconosciuti diritti e comunicazione con l’esterno; a loro è negata, ad esempio, anche la possibilità di inviare messaggi per segnalare eventuali situazioni di difficoltà.


"A fronte di queste problematiche, come Rete torinese contro tutti i Cpr abbiamo chiesto al Prefetto di poter entrare nel Cpr di corso Brunelleschi per visitare e monitorare la condizione dei migranti e delle persone che vi lavorano, per ribadire la nostra contrarietà alla detenzione amministrativa che può essere sostituita da misure alternative più umane, meno onerose e più efficaci. Anche le forze dell'ordine, infatti, hanno di recente denunciato condizioni impossibili di lavoro e di vita all'interno della struttura e chiediamo che il Prefetto ne tenga conto. Abbiamo inoltre richiesto al Sindaco di Torino un incontro urgente per sottolineare l’importanza di individuare il/la prossimo/a Garante di Torino affinché prosegua il prezioso lavoro di monitoraggio, informazione e denuncia dell’attuale Garante Monica Cristina Gallo, che ha svolto con serietà e cura i suoi compiti istituzionali, pur nelle difficoltà date.
Chiediamo, infine, che non venga più utilizzato l’argomento dell’ordine pubblico per impedire la legittima manifestazione del dissenso e che, invece, si garantisca il diritto all’informazione, anche quando questa è scomoda. Solo con la trasparenza possiamo difendere i diritti di tutte e di tutti".

La Rete proseguirà la sua attività di monitoraggio, denuncia e mobilitazione con tutti i mezzi pacifici e democratici a disposizione: nel mese di settembre promuoverà un momento di discussione con la città su questi temi.

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