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NotizieIl carcere al tempo del coronavirus

Negli ultimi due mesi e mezzo, da quando è scoppiata l'emergenza sanitaria, "il numero di detenuti nelle carceri italiane è sceso del 13,9%", passando dai 61.230 ai 52.679 (-8.551). Solo 119 detenuti e 162 operatori sono stati infettati dal virus. Otto le vittime in totale. I numeri del XVI Rapporto di Antigone

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L’Italia torna alla normalità. Riapre tutto. O quasi.
Per il carcere, tuttavia, normalità e riapertura sono termini incoerenti.
Va da se, aprire o riaprire un carcere è impossibile data la natura dell’istituzione. Ma alcune attività di contatto con l’esterno erano previste prima del lockdown e poco alla volta stanno tornando in essere. I colloqui dal vivo sono già stati attivati in alcune strutture. Mentre attività scolastiche e lavorative ancora non sono in discussione.
Antigone, associazione che si occupa dello stato delle carceri italiane da sempre, ha pubblicato il 22 maggio il suo rapporto annuale dedicando particolare attenzione ai tre mesi trascorsi di pandemia.
Il carcere al tempo del coronavirus è il titolo del documento e la base di partenza è la situazione che precedeva il lockdown. Ossia di un carcere in cui il sovraffollamento stava tornando ai livelli del 2013, quando l’Italia fu condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, per avere costretto i detenuti in condizioni di vita degradanti.

Negli ultimi due mesi e mezzo, da quando cioè è scoppiata l'emergenza sanitaria, "il numero di detenuti nelle carceri italiane è sceso del 13,9%", passando dai 61.230 ai 52.679 (-8.551). Anche il tasso di sovraffollamento è sceso, questa volta del 18%, dall'inizio della crisi: dal 130,4% di fine febbraio si è passati al 112,2% del 15 maggio. "Da fine febbraio al 19 marzo le presenze in carcere sono calate di 95 persone in meno al giorno" spiega Antigone. A interrompere questa tendenza, da metà aprile, è il clamore mediatico sul tema delle scarcerazioni di persone appartenenti alla criminalità organizzata.

Il carcere, come detto all’inizio, è una struttura chiusa e probabilmente questa caratteristica lo ha tutelato dal contagio. Solo 119 detenuti e 162 operatori sono stati infettati dal virus. Otto le vittime in totale: quattro detenuti, due medici e due agenti di polizia penitenziaria. "Nella maggior parte degli istituti non si è verificato nemmeno un caso di contagio” spiega il Rapporto.

I provvedimenti presi dal Governo in fase di emergenza autorizzavano i giudici di sorveglianza ad analizzare caso per caso la situazione dei detenuti, con il suggerimento, quando possibile, di affidarli a pene al di fuori degli istituti, per favorire il distanziamento a fronte di un cronico sovraffollamento. In questa situazione i reclusi in regime di alta sicurezza che sono stati scarcerati sono 494. Di questi 253 erano in attesa di giudizio, mentre "degli altri 245 solo 6 sono stati scarcerati grazie alle misure previste dal decreto 'Cura Italia' per decisione del magistrato di sorveglianza". Per quanto riguarda i detenuti al 41-bis, 747 in tutto il sistema italiano, a quattro di loro sono stati concessi i domiciliari per motivi di salute.
Nel frattempo, a coloro che rimanevano in carcere venivano negate tutte le attività a rischio contagio, ossia tutti i rapporti con l’esterno: dai colloqui con i familiari alle occasioni di lavoro. Molto spesso anche le telefonate. Con conseguenti tensioni, spesso sfociate in episodi di rivolta e violenza. Questo fino a quando non si è concesso l'ingresso di telefoni e tablet per le videochiamate e l'aumento del numero di telefonate settimanali. Nel Rapporto, Antigone denuncia come questa concessione stia ora tornando alla normalità, ovvero ai vecchi 10 minuti di telefonata settimanale dal telefono fisso. Questo nonostante questi tre mesi di pandemia abbiano dimostrato che "la concessione del telefono" non porti con sé problemi di sicurezza né enormi aggravi di lavoro.
Infine, nei primi cinque mesi del 2020 sono stati 17 i suicidi nelle carceri italiane. Spiega il rapporto: "Nel 2019 sono stati 53 in totale i suicidi negli istituti penitenziari italiani a fronte di una presenza media di 60.610 detenuti ovvero un tasso di 8,7 su 10.000 detenuti mediamente presenti, a fronte di un tasso nel Paese di 0,65 suicidi su 10.000 abitanti". Deduzione: in carcere si muore per suicidio 13,5 volte di più che all'esterno.

Scarica il Rapporto



(toni castellano)

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