Azzardo: una nuova legge per una nuova cultura

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Il 15 giugno una delegazione delle associazioni che si sono battute per cambiare l'attuale legge regionale sull'azzardo è stata ricevuta in Consiglio regionale. Con tanto, troppo ritardo

di Francesca Corona
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12mila firme raccolte in poche settimane, ma ben 10 mesi di attesa prima dell’audizione da parte della Regione Piemonte. Che il 15 giugno ha finalmente ricevuto alcuni rappresentanti della campagna pubblica Giochiamo la nostra partita, alla quale ha contribuito anche il Gruppo Abele. Obiettivo della campagna è ottenere una nuova legge regionale sul gioco d’azzardo, come richiesto da migliaia di cittadine e cittadini piemontesi, associazioni ed enti locali.

Durante l’incontro si è sottolineata la necessità di rivedere le norme attuali, incapaci di tutelare le persone più vulnerabili dal rischio di cadere nella spirale del gioco patologico. Lo dimostrano i dati: nel periodo di applicazione della Legge 19/21, nella sola Torino, le persone in cura per questo tipo di problema presso i servizi per le dipendenze sono aumentate del 20%.

Al contrario, la Legge Regionale 9/2016 aveva prodotto ottimi risultati in termini di contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico, grazie alla diminuzione dell’offerta di gioco sul territorio, con l’introduzione di fasce orarie controllate e la creazione di zone protette intorno a scuole, uffici postali, centri di aggregazione e formazione, edifici di culto e altri luoghi considerati sensibili.

Fra il 2016 e il 2020 il numero di slot machine presenti in Piemonte si era più che dimezzato, mentre i locali con slot e videopoker erano diminuiti di quasi l’80%

Non sorprendentemente, l’allentarsi delle norme ha invece comportato un’immediata inversione del trend: oggi in Piemonte gli apparecchi per il gioco d’azzardo nei luoghi pubblici sono in sensibile aumento. Così come in aumento sono le persone che si rivolgono al nostro servizio di accoglienza per problemi connessi al gioco.

La sensibilizzazione sul piano politico non è l’unica componente del nostro impegno. Il contrasto del gioco d’azzardo richiede certo una legge quadro che regolamenti senza ambiguità il fenomeno, ma chiede anche un forte investimento culturale ed educativo, perché la fame dell’azzardo cresce laddove mancano da un lato concrete e dignitose opportunità di benessere, dall’altro la voglia di impegnarsi per costruirle, a beneficio proprio e di tutta la comunità.

Bisogna lavorare sull’informazione e sulla formazione dei cittadini, a partire dai giovani, rendendoli capaci di un approccio più consapevole e maturo al gioco. Lo facciamo attraverso il progetto Vite in gioco, con il quale insieme al all’Asl To 5 presidiamo il territorio per fare prevenzione sui rischi dei giochi d’azzardo.

Poniamo l’attenzione anche sulla frequenza di gioco da parte di minori che con facilità accedono ai centri scommesse e alle sale giochi senza controllo e tutela. Siamo consapevoli, come ha ricordato tante volte Luigi Ciotti, che:

chi si affida alla sorte per guadagnare denaro tramite denaro ha buone probabilità di sviluppare una dipendenza che causa sofferenza non solo a lui o lei, ma anche a tutta la sua rete affettiva: familiari e amici

L’invito è quello di “dare a questa piaga sociale un nome appropriato, che dichiari senza ipocrisie cosa rischia di perdere chi si dedica all’azzardo: la libertà, la dignità, a volte la vita”.

Quella del gioco d’azzardo è un’industria che, sfruttando la fragilità delle persone, fattura più di 100 miliardi l’anno, di cui il 10% vanno allo Stato e il resto alle ditte concessionarie. Dati che emergono dal libro blu dell’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli. Dati per altro incompleti, che nella stessa giornata del 15 giugno il Cnca ha chiesto pubblicamente di integrare, attraverso un convegno organizzato a Roma dalla campagna nazionale Mettiamoci in gioco.

In quella sede, si è chiesto a Governo e Parlamento: una legge di regolamentazione del settore; che sia riattivato quanto prima l’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave; di non ridurre la dotazione del Fondo nazionale di prevenzione e cura e di garantire, a livello regionale, l’attuazione dei Piani di contrasto al disturbo da gioco d’azzardo (DGA).

Insieme a tante realtà che da anni si battono contro il gioco d’azzardo patologico, il sovra indebitamento, le dinamiche criminali e le ricadute sociali e sanitarie collegate, non smetteremo di chiedere alle istituzioni leggi lungimiranti ed efficaci. Parallelamente, continuiamo a impegnarci ogni giorno per accogliere, ascoltare e accompagnare chi, anche a causa dell’assenza di tali leggi, è caduto in situazioni di dipendenza dalle quali è pressoché impossibile uscire da soli.

In questo articolo Dipendenze, Lotta alla povertà

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